Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
Il minimo fa rima con il massimo…
L’opera è un capolavoro perché riesce a trasmettere un’autenticità rara a vedersi al cinema. Affascina lo spettatore, e sa farlo emozionare e commuovere. I meriti principali risiedono fondamentalmente sia nella grazia e nella freschezza stilistica, sia nella sensibilità che pervade l’intera sceneggiatura. E’ sorprendente per come tratta l’interessante tema della clandestinità e della miseria sociale (ma anche morale), con rispetto e pudore, fantasia e intelligente ironia. Con la sua storia toccante e universale, etica e poetica, riesce meglio delle altre volte a offrire allo spettatore la forza di un cinema che sogna un mondo ideale, quello che ognuno di noi avrebbe voluto, quello che sarebbe dovuto essere. E che purtroppo non è. O in tono minore non c’è più.
Miracolo a Le Havre (2011): André Wilms, Blondin Miguel
Marcel Marx, un ex scrittore che ora è lustrascarpe, vive a Le Havre (una cittadina francese meta di profughi africani) e si ritrova a fronteggiare la durezza della sua condizione esistenziale tra povertà e difficoltà quotidiane, una moglie molto malata e la cagnetta Laika.
Un giorno casualmente incontra Idrissa, un bambino africano, ricercato dalla polizia e giunto clandestinamente in Francia. Marcel, nonostante varie difficoltà si promette di far arrivare il piccolo in Inghilterra, dove vive la madre.
“Miracolo a Le Havre” di Kaurismäki sembra il seguito tecnico di “Vita da bohème” e lo ricorda molto: per l’ambientazione francese, reale e surreale al tempo stesso; per il quadro di miserie e squallori; per il tono agrodolce; lo stile poetico e nostalgico; per i personaggi credibili, emarginati e bisognosi d’aiuto. Ma se ne differenzia per ciò che maggiormente esprime: intenso umanitarismo e indignazione sociale. Non a caso è un caloroso omaggio al cinema che fu di De Sica e Renè Clair, rimandando affettuosamente a ciò che più diventavano i loro film: messaggi di vera bontà. E non per niente c’è anche un cammeo di J.P. Léaud (era il bambino solo, inquieto e incompreso di Truffaut) emblematico rimando al desiderio di fuga da un mondo che reprime, verso la realizzazione dei propri desideri, passioni, affetti.
Senza rinunciare al rigore e al minimalismo della messinscena, kaurismaki costruisce un racconto morale che focalizza la nostra attenzione sulla mercificazione degli uomini, soprattutto i poveri, i più deboli, gli ultimi, gli emarginati, gli immigrati, i malati, nell’attuale clima di disumanizzazione. Potrà mai esserci possibilità di integrazione e riscatto per quest’ultimi? Osservando il nostro mondo, probabilmente la risposta sarà negativa, ma almeno al cinema, almeno in e per questa sua opera, l’autore vuol far finta che una volta tanto i miracoli possano accadere, a dispetto di chi, (nella pellicola Arletty, la moglie gravemente ammalata del protagonista) ormai stanco e disilluso dalla vita, crede nel contrario.
Con un tono dolce e gentile, per nulla compiaciuto o urlato, Kaurismaki realizza una sorta di favola condita con fluidità e leggerezza, discrezione e malinconia, dove si riabilita la nobiltà d’animo e quegli ideali scomparsi, come la solidarietà, la fratellanza, l’amore. Temi importanti, valori umani e morali, trattati in una dimensione apparentemente leggera, ma che riflettono in modo incisivo ed efficace l’atteggiamento di Kaurismaki nel continuare a schierarsi dalla parte degli umili; i quali, malgrado siano emarginati dal cieco e vacuo capitalismo globale, comunque trovano nel quartiere dove vivono un po’ di fratellanza.
E’ un’opera toccante, di ottima qualità visiva e con attori eccellenti. Una storia universale che sa ben dosare, in un magico equilibrio, un divertimento esilarante e una tragicità riflessiva. Sapientemente lontano da retoriche, enfasi o stereotipi, la magistrale regia di Kaurismäki punta dritto all’essenziale, usando uno stile minimalista che riesce a esprimere il cuore autentico delle cose e delle cose davvero importanti. Lo fa con un tocco sobrio e sensibile, selezionando situazioni e significati, scene e dialoghi eloquenti e mai inutili. Nessuno come lui sa descrivere così bene mondi e personaggi alle prese con la mancanza di materialità necessarie a sopravvivere, ma ricchi di quei valori, principi etici e ideali che li eleva sopra il rango più onorevole dell’essere uomini.
Tutto esalta questo aspetto: dalla nobiltà degli assunti, all’eleganza formale. Non si può non restare coinvolti da un’estetica pura e curata: inquadrature chiare e immediate, pochissimi movimenti della macchina da presa, colori tenui e anti-realistici, atmosfere soft e struggenti, suoni blues, scenografie anni ’50, ritmo scandito. Azzeccata è poi la scelta di non cancellare, nonostante il registro fiabesco, le disperazioni e le sofferenze, la vita agra del porto e le angosce, e poi malattia e morte, emarginazione e miseria.
I film dell’anarchico regista finlandese hanno un impatto visivo eccezionale e anche questo possiede uno stile espressivo ricco di sublimi contrasti di luce, luoghi ombrosi, fotografia color pastello; e poi di volti dimessi, sguardi intensi, silenzi eloquenti, dialoghi scarni, suoni blues, inquadrature malinconiche: tutto stilisticamente e figurativamente contribuisce ad arricchire di fascino quest’opera asciutta e precisa, persino la connotazione scenica vintage nostalgica degli anni ’50 /’60 (tutte le location sono volutamente rétro). Nel suo cinema fonde etica ed estetica, fa derivare la prima dalla seconda, e il tutto in modo mirabile e funzionale a uno stile filmico che, dagli ambienti, ai personaggi, alle atmosfere, rimanda al cinema francese degli anni Trenta (da Carnè a Clair) che, adottando il “realismo poetico”, sapeva abbinare l’impegno sociale alla forza dei sentimenti.
Il film elogia l’utopia della solidarietà e della fratellanza globale. Però non chiude gli occhi sulla brutale e drammatica realtà contemporanea, e non si culla nelle facili illusioni. L’uomo deve comunque agire. La brutalità di questo mondo può e deve essere ancora combattuta. Dalla determinazione del singolo (vedi Marcel nei riguardi del bambino) alla sedimentazione di una collettività solidale, il passo può essere breve.
Il regista combatte egoismi e intolleranze, si ribella alla diffidenza per lo straniero, all’insensibilità nei confronti del culturalmente diverso, a quella umana crudeltà che nasce quando ci si fa vincere da paure e ottusità (le persecuzioni di polizia e commissario; il reato francese di nascondere e ospitare un clandestino).
E alla fine ci invita a riflettere. A riflettere su come meglio comportarsi moralmente gli uni con gli altri. E questo sia dal punto di vista di giochi e strategie politiche degli Stati, spesso disumani e folli; sia da quello del singolo individuo, spesso irrispettoso e intollerante. Non basta soltanto desiderare un mondo migliore, bisogna agire! E non servono nemmeno i miracoli divini, tanto avvengono di rado. Gli uomini devono impegnarsi a dare un futuro ad altri uomini! Basta poco, in fondo, per ritrovare compassione e regalare generosità a un mondo che l’ ha dimenticata. Basta solo credere nel potere della tolleranza e della solidarietà. E questa fede potrà compiere il miracolo. Non soltanto al cinema...
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Condivido il tuo entusiasmo, In questa pellicola dal sapore “antico” ma per più di un verso persino “innovativa”, Kaurismäki utilizza ancora una volta tutti quegli ingredienti che formano la materia pulsante di un percorso artistico (il suo) di eccezionale rilevanza e originalità creativa (cantante rockabilly e cagnetta Laika inclusi) e che si identificano in quelle struggenti e personalissime atmosfere stralunate che ci sono diventate familiari, e in quella mescolanza fortemente empatica di vite stentate e al limite (quasi stremate si potrebbe dire) impastate però questa volta con una buona dose di ottimismo anche se condito in salsa agrodolce (ma tutt’altro che zuccheroso, è bene sottolinearlo). Ed è davvero straordinario vedere come il regista riesce a muoversi con immutata disinvoltura dentro e fuori a una ragnatela di riferimenti anche intertestuali, non solo continuando a mantenere intatto il suo acuto sguardo sul reale nonostante l’insolita densità delle attinenze, ma anche nel provare ad ipotizzare (almeno per una volta) una soluzione alternativa e in controtendenza rispetto per esempio alle atmosfere e al pessimismo di fondo espresso negli anni ottanta (e conseguenti) su analoghi temi “socialmente sensibili”, soprattutto con la sua “trilogia dei perdenti”: qui infatti non ci sono perdenti, e ad essere sconfitto semmai è solo il potere repressivo che si accanisce contro gli immigrati nel tentativo di scaricare su di loro frustrazioni e distorsioni mentali finalizzate a farli diventare il vero capro espiatorio di un disadattamento più
generalizzato che ha altre radici (ben più profonde e tutte “nazionali”). La trasferta francese e l’ambientazione nella città portuale del titolo, vuole ovviamente essere un esplicito omaggio a Carnè e al suo “realismo poetico” ed esistenziale, Il porto delle nebbie in testa, rivisitato però con inconsueto calore, profonda partecipazione e prospettive inedite.
E' sempre un piacere leggere i tuoi profondi e colti commenti, e anche stavolta condivido ogni tua parola. Hai completato, arricchito e impreziosito la mia recensione. Grazie. Un saluto Valerio. :-)
Valerio un grande conoscitore della materia cinema chapeau forever, ma anche tu Antonio mica scherzi !!!!
un gran bel film (come ti ha spiegato Valerio),come quasi tutta la filmografia del regista....non mi quasi mai deluso,grazie del tuo commento positivo.
Grazie a te Ezio per aver letto la mia recensione, mi fa piacere, perchè ti seguo da anni.
Anche a me non ha mai deluso l'ottima filmografia di Kaurismaki. Mi manca qualche sua nuova pellicola. A presto! :-)
Antonio se ne recuperi altri che non hai visto e li posti...li leggero' volentieri.
un film molto toccante, bellissimo ^_^
Grazie per il tuo commento e per aver letto la mia recensione ArwenLynch74. Mi fa piacere.
Un saluto. :-)
Il cinema di Kaurismaki fa bene al cuore e ci purifica nel nostro io più profondo, vero cinema neorealista finlandese
Come non darti ragione. Tutto vero. Mi spiace che non faccia più altri film Kaurismaki. Comunque, grazie per il passaggio e per questo commento che, assieme a tutti gli altri che hai fatto, sono arguti, autentici e riflettono tanta sensibilità.
Un caro saluto. :-)
Ho un grande amore x il cinema mi ha reso un uomo migliore, le storie che mi appassionano sullo schermo le faccio mie
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