Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film
Inizio ex abrupto, con una telefonata a un numero inesistente: un ragazzino parcheggiato in un istituto non si rassegna al fatto che suo padre è sparito senza dirgli nulla, e ci mette quasi metà del film prima di arrendersi all’evidenza di essere stato abbandonato. Fino a quel punto è il solito film dei Dardenne (famiglie disastrate, adulti irresponsabili, abbrutimento morale) e strappa la sufficienza; poi, quando entra in scena il teppistello, diventa inopinatamente la storia di Pinocchio conteso tra la fatina e Lucignolo (variante: Oliver Twist conteso fra Lord Brownlow e Fagin; come si vede, siamo sempre in pieno moralismo ottocentesco). Siccome Pinocchio dimostra di apprezzare moltissimo le cattive compagnie, prima di diventare un bravo bambino dovrà mettersi nei guai seri. La storia sarebbe così arrivata alla sua conclusione edificante; ma c’è spazio anche per un’appendice sul filisteismo dei borghesi pronti a coprire un omicidio colposo, casomai dovessimo provare compassione per un commerciante brutalmente aggredito a scopo di rapina. Ciò che mi irrita nei Dardenne, che è poi anche il principale motivo per cui non sopporto Pasolini, è il loro amore incondizionato per i propri personaggi e la pretesa che lo spettatore debba condividerlo, sia quando lo meritano (es. Il matrimonio di Lorna) sia quando non lo meritano (es. L’enfant). Il ragazzino attira gli schiaffi dalla prima alla penultima scena: si aggrappa insensatamente a chi non lo vuole o a chi lo sfrutta, crea problemi a chi cerca di aiutarlo senza chiedere nulla in cambio (difficile spiegare perché, ma Antoine Doinel resta simpatico anche quando delinque, i suoi epigoni no); i personaggi di contorno hanno le psicologie azzerate e si riducono a funzioni narrative (quanta affidabilità può dare una donna che lascia il fidanzato senza pensarci un secondo per prendersi cura di un bambino appena conosciuto?). Per finire, l’allusione a De Sica è pretestuosa: per Lamberto Maggiorani la bicicletta rappresentava la possibilità di lavorare, e quindi la promessa di un futuro migliore; qui, al contrario, rappresenta l’unico legame del ragazzino con la propria vita passata. Ma il fatto che non provveda a dotarla di un lucchetto neanche dopo due tentativi di furto (freudianamente, un atto mancato) fa capire che in realtà quella vita lui vorrebbe buttarsela dietro le spalle, e che ci si avvinghia solo per cocciutaggine.
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