Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film
I fratelli Dardenne sono tra i pochi registi in circolazione con cui si va sempre sul sicuro ed anche questo loro film, come consuetudine presente e premiato al Festival di Cannes, vanta alcuni frangenti di cinema neorealista di grandissima resa, ma rispetto alle loro opere che preferisco (come il penultimo “Il matrimonio di Lorna”) mi ha convinto un po’ di meno.
Cyril (Thomas Doret) è stato abbandonato dal padre (Jeremie Renier), ma non vuole farsene una ragione, d’altronde non può che essere così per un ragazzino della sua età.
Poi trova in Samantha (Cecile De France) una persona che lo aiuta e che gli vuole bene, ma un incontro con un ragazzo più grande rischia di rovinare la vita che faticosamente si sta ricostruendo.
Parte bene questo lavoro dei Dardenne, per lo spettatore l’immagine di un bambino abbandonato a se stesso dal padre (e che fa di tutto per non accettare la triste realtà) è una di quelle dinamiche di vita che avvicinano rapidamente alla sua storia ed il giovanissimo Thomas Doret è una piacevole rivelazione con quello sguardo speranzoso, furbo e al contempo pieno di rabbia per quanto gli sta succedendo (e va detto che i registi in questione sanno come esaltare le caratteristiche degli attori che scelgono).
Per quanto riguarda la sceneggiatura, questa è ricca di svolte, ma non tutto viene spiegato o argomentato come mi sarei aspettato (ad esempio cosa sprona Samantha a prendere con se Cyril e addirittura nonostante i suoi comportamenti perdonarlo sempre e lasciare il suo uomo?), per quanto è pur sempre vero che alcune scelte nella vita di ognuno rimangano senza spiegazioni razionali.
Ma quello che diviene protagonista è il legame tra Cyril e la sua bicicletta, quasi un’ancora alla vita che avrebbe voluto avere, tra le fughe, scorribande ed inseguimenti ripresi con accortezza ed abilità.
Attendibile anche l’attrazione verso il delinquentello di turno, un po’ meno arrivare a prendere a sprangate due persone, come poi lo stesso finale, per quanto cinematograficamente potente e da seguire col fiato sospeso, oltre che ispiratore di una nuova possibilità (è più speranzoso del solito), si regge su una reazione che va oltre il razionale.
Dubbi che raramente nelle storie dei registi belgi ho avuto, ciò non toglie che anche questa loro opera possa vantare una capacità di raccontare rara ed in grado di valorizzare al massimo i personaggi che segue con sguardo sincero ed attento.
Insomma un cinema come questo è sempre un regalo degno di nota, un concentrato di aspetti umani che ci trasporta dentro lo schermo, questo anche quando non tutto, come in questo caso, nel meccanismo funziona a pieno regime.
Bello, ma non tra gli imprescindibili dei fratelli Dardenne.
VOTO : 7/10.
Qualche passaggio è un pò troppo brusco (almeno un paio di stacchi sono radicali), ma la mano dei registi si nota soprattutto nel loro seguire da vicino il giovane protagonista.
E lo fanno in un modo che solo in pochi riuscirebbero ad eguagliare.
Qualche passaggio è un pò troppo brusco (almeno un paio di stacchi sono radicali), ma la mano dei registi si nota soprattutto nel loro seguire da vicino il giovane protagonista.
E lo fanno in un modo che solo in pochi riuscirebbero ad eguagliare.
Il suo personaggio non è sempre espresso al meglio.
Lei è ordinata, abbastanza coinvolta dalla vicenda, ma non impressiona più di tanto.
Più che sufficiente.
Sicuramente fa un'ottima figura, guidato soprattutto benissimo dei registi (ingrediente essenziale quando si tratta di dover far recitare dei giovanissimi), però ci mette anche parecchio animo e carattere già di suo.
Molto bravo.
E' il padre assente del giovane protagonista.
Ruolo fatto di poche apparizioni che richiedono un distacco non facile da mettere in atto.
E direi che lui se la cava egregiamente.
Piccola parte espletata senza sbavature.
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