Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film
Diciamo subito che sicuramente non è il miglior film dei fratelli belgi. Detto questo, rimane tutta la tensione del loro cinema, splendido e umano indagatore delle periferie urbane ed esistenziali. Questa volta sono i nervi e la rabbia di un ragazzino a raccontare una piccola fiaba moderna, dove il cavallo alato è la bicicletta, unico legame affettivo con un padre assente e rifiutante, e Cecile De France, la fatina misteriosa e quasi azzurra, sbucata da un abbraccio e pronta a redimere e a dare una nuova possibilità al protagonista. Attorno c'è la solita vita che i Dardenne sanno raccontare così bene: il rumore della città, spesso indifferente e indaffarata, un fiume, stavolta luminoso, o il vento che gonfia la giacca di Cyril in una delle scene più riuscite di tutto il film, che va a concludersi con un finale aperto, su cui si potrebbe discutere a lungo. L'altro lato della medaglia è fatto, però, di certi momenti di stanca, quasi lungaggini, e, almeno nel mio caso, in una difficile immedesimazione con le tribolate corse del ragazzino che m'han portato quasi al fastidio più che all'emozione. Rimane un film sicuramente importante, ma, appunto, minore, nell'arco trionfale e umano del lavoro dei cineasti belgi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta