Regia di Bertrand Bonello vedi scheda film
Il titolo del film, "L'apollonide", mi fa venire in mente il termine "apollineo", di derivazione nietzieschiana (La nascita della tragedia); aggettivo che il filosofo mette in opposizione al concetto di "dionisiaco". Il cinema di Bonello è, da sempre, un cinema "dioniaco", caotico irrazionale. Ma con L'apollonide mi sembra che il regista francese abbia dato una brusca sterzata alla potenza corrosiva del suo cinema, per concentrarsi su di un lavoro più razionale, ordinato: apollineo, appunto. Se escludiamo, infatti, il finale del film - unico segmento, a mio parere, veramente "vibrante" e sfuggente -, L'apollonide ha una costruzione alquanto prevedibile e rigida: «istituzionalizzata».
Detto questo, non posso che apprezzare la magnificenza della messa in scena di Bonello - che, a mio parere, richiama l'eleganza di un film come I fiori di Shanghai di Hou Hsiao-hsien, altro film ambientato nei bordelli -. Ma credo che il vertice del regista resti quel capolavoro di sublime devianza che è Tiresia. A mio modesto parere, ovviamente.
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