"Non c'è niente di più toccante della bellezza delle cose che finiscono” (Bertrand Bonello)
L’Apollonide - Souvenirs de la maison close di Bertrand Bonello è film tutto sontuosi
tabluex vivants e languori, poemetto baudelairiano tragico e voluttuoso. Plasticamente stupendo. Manet (
Dejeuner sur l’erbe), Monet, Courbet (
Les Baigneurs,
Les Demoiselles des bords de la Seine), Caravaggio. Mozart, Puccini (
La Boheme: “
O soave fanciulla”) ma anche
Plaisir d’amour,
The Right to Love You, Nights in White Satin e
Bad girl… Per lo spettatore, si capisce, è un tripudio di sensazioni, colori, profumi – è come entrare in un altro mondo. Ed è proprio un universo separato, sconosciuto e altro che si propone di raccontare Bonello con
L’Apollonide - Souvenirs de la maison close. Ovvero, la vita di sei ragazze di un bordello francese: tragedie e amori, speranze e illusioni.
Il 5° lungometraggio di Bonello (regista adorato in Francia, autore dell’interessante
Tiresia) penetra l’anima del decadentismo francese; si gioca e si inventa orizzontalmente
, tutto costretto in interni elegantissimi e opprimenti che sanno già di morte. Non è un caso che, se si esclude una bella sequenza all’aperto,
L’Apollonide sia ambientato soltanto nella sontuosa casa chiusa.
Dice il regista:
“
La casa chiusa è importante nel film. È un luogo che separa dal reale e permette a un'infinità di cose di reinventarsi. Si tratta di ricreare un mondo nel mondo. Nel mio film, quando un cliente apre la porta del bordello, entra al cinema”.
Eccola, dunque, la chiave segreta per penetrare il film di Bonello: L’Apollonide è una metafora del cinema.
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