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Molto forte incredibilmente vicino

Regia di Stephen Daldry vedi scheda film

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La recensione su Molto forte incredibilmente vicino

di michemar
8 stelle

Dico una cosa ovvia se affermo che l’11 settembre è rimasto impresso a fuoco nella mente degli americani e ne condiziona tutto ciò che scrivono in racconti e romanzi e in film che girano ancora oggi. Purtroppo quella data ha segnato le loro vite e rimane una ferita che si sarà forse rimarginata, ma la vedono sempre lì, è ben visibile e la toccano sempre anche perché non la vogliono dimenticare. Questo bellissimo film, tratto dal romanzo di Foer Jonathan S., che inizia con una cerimonia funebre per seppellire una bara vuota (cosa rimane di quei corpi?) ne è una dimostrazione, in quanto racconta di un ragazzino, che ha perso il padre nelle Torri Gemelle, alla disperata e folle ricerca di cosa apra la chiave che ha trovato fra le cose private del suo amatissimo genitore. E’ la storia di un amore fortissimo tra i due, un legame basato sull’affetto e sui giochi di intelligenza con cui amano passare il tempo libero. E’ anche la storia di un amore di un padre per il proprio figlio, amore che gli è mancato a causa di vicissitudini vissute dal suo padre, salvatosi dai bombardamenti subiti in Germania ed emigrato in America.

Dopo il successo del suo “Billy Elliot”, il regista Stephen Daldry torna a parlare di un ragazzino molto dotato: Oskar è vivacissimo e ha una intelligenza straordinaria, anche se viene giudicato un po’ strano e parla in maniera incessante: “La gente mi dice spesso che sono strano. Una volta ho fatto i test per vedere se avevo la sindrome di Asperger. Papà disse che capita ai più intelligenti, ma non può essere dimostrato direttamente. Le prove non erano definitive.” Lo spettatore non può minimamente distrarsi poiché tutto quello che lui dice (parlando a raffica) è indispensabile per seguire la trama e capire a fondo il suo malessere, dovuto alla mancanza del suo amatissimo papà. Il suo metodo di indagine per trovare quale misteriosa serratura aprirà mai la chiave che ha rinvenuto tra gli oggetti personali del padre è degno di un ricercatore scientifico; un metodo meticoloso, matematico, non semplice, ma essenziale per darsi una risposta necessaria e definitiva che potrà finalmente acquietarlo e forse anche fargli conoscere meglio il padre. Persino a sostituirlo nella vita.

Un padre che, fin quando gli è stato vicino, è stato il suo angelo custode, il suo miglior amico, il suo compagno di gioco, lo stimolatore di passatempi mnemonici ed enigmistici. Un padre che è cresciuto senza il suo e ha riversato sul piccolo tutto l’affetto non ricevuto. Ovvio che adesso che non c’è più, il piccolo Oskar avverte una assenza troppo pesante anche perché lo perseguita un senso di colpa: non si è fatto trovare pronto per il papà nel momento più tragico del crollo delle Twin Towers. E la chiave trovata nell’armadio diventa il filo conduttore della storia. Trovando la serratura, troverà la pace. E la scoperta porterà ad un altro legame difficile di un altro genitore ed di un altro figlio.

In questa ricerca, si ha modo di osservare ancora una volta come l’America sia la nazione di tutte le razze e religioni. Difatti Oskar verrà a contatto con persone di ogni colore, ogni professione religiosa, di tante diverse classi sociali; tutte persone che si appassionano alla storia di questo bel ragazzino testardo che cerca di risolvere il mistero del suo papà.

Tutto da godere poi il rapporto tra il piccolo e un vecchietto (si scoprirà quasi alla fine chi è) che lo aiuta nella ricerca. Uno spettacolo in più, perché l’anziano ha scelto da molti anni di non parlare più e comunica solo scrivendo su un taccuino che porta con sé. Dialoghi, a volte battibecchi, fatti con una voce e una matita: veramente simpatici e godibili, una vera trovata.

Il finale è però troppo lungo ed il regista avrebbe potuto risparmiarci un buon quarto d’ora inutile, perché ormai assistiamo al riavvicinamento del piccolo alla mamma, apparentemente lontana dagli avvenimenti, e al ringraziamento del giovane Oskar a tutti i personaggi che si erano interessati alla storia. Particolari che aggiungono altra emotività e commozione alla vicenda.

Il piccolo attore Thomas Horn è a dir poco incredibile: raramente mi è capitato di vedere un attore così giovane e così bravo, anzi credo che sia il fanciullo più dotato che ho mai visto recitare e non so come abbia potuto recepire così efficacemente le istruzioni di Stephen Daldry. Son curioso della sua futura carriera.

Max Von Sydow nella parte del vecchietto? Beh, un vero spettacolo, un spettacolo a parte. Da non perdere una sola mossa, un’alzata di spalle, un’occhiata. Una lezione alle generazioni future. E difatti nella notte di Los Angeles era tra le nominations.

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