Regia di Stephen Daldry vedi scheda film
L'11 settembre è ancora un nervo scoperto per l'opinione pubblica mondiale. Non può che essere così.
E questo dolore sordo e lancinante è ancora più evidente in quella americana. Il cinema e la letteratura hanno cominciato da un po' a fare i conti con questa elaborazione collettiva del lutto.
Molto forte incredibilmente vicino è un'esempio di come la finzione filmica e letteraria ( quando uscì nel 2006 il romanzo omonimo di Jonathan Safran Foer era uno dei primi a parlare delle conseguenze di quella tragedia) cerchi di riunire la Storia con la S maiuscola con la storia con la s minuscola rappresentata dal'urgenza con cui il piccolo Oskar, affetto dalla sindrome di Asperger, si lascia cullare dai bei ricordi dei momenti passati assieme al padre che è tragicamente perito in quel giorno maledetto.
Questo perchè il piccolo non riesce a metabolizzare la chiusura di un rapporto così affettuoso.
Se esplodesse il Sole dalla Terra ce ne accorgeremmo 8 minuti dopo. Oskar è alla ricerca di quegli 8 minuti in cui stare ancora assieme a un padre che la crudeltà del destino gli ha portato via. Devono essere un ricordo ma forse trascorrere quegli 8 minuti vuol dire anche e soprattutto portare a termine un percorso di crescita, di formazione.
Ma non è solo questo.
In realtà Molto forte incredibilmente vicino parla di un senso di colpa che paralizza emotivamente e determina tutta una serie di azioni per cercare di espiarlo.
Ultimo fine la catarsi.
Il piccolo Oskar trova una chiave nella tasca di un vestito del padre. E' contenuta in una busta con scritto Black, un nome. E lui si mette in testa di cercare a chi possa appartenere quella chiave e soprattutto quale serratura possa aprire.
Una missione praticamente impossibile in una città caotica come New York. Eppure aiutato da un anziano signore che rifiuta di parlare e si esprime solo attraverso bigliettini comincia nella sua affannosa ricerca di tutti i Black presenti a New York.
Come si evince dalla trama in un film come questo c'è l'alto rischio di esondazione di retorica che effettivamente non è sempre tenuta a freno. Occorre dire però che bypassate alcune incongruenze ( tipo un'assenza sospetta della madre con cui questo bimbo di fatto non riesce a costruire un rapporto o a parlare di quello che è successo quel fatidico giorno) la strana coppia formata dal bimbo e dal vecchio muto per scelta funziona, regalando momenti assai godibili in cui quasi ci si ritrova al fianco dei due .
Crea empatia questo rapporto tra un ragazzino che si deve apprestare a diventare un uomo( e l'11 settembre è un acceleratore indesiderato di questo processo) e un uomo che ridiventa un po' bambino nella parte autunnale della sua vita. Però capace di serbare un segreto.
Molto forte incredibilmente vicino è un film formalmente molto curato,con una regia fin troppo calibrata di Daldry che si riserva per il finale la parte migliore: emoziona davvero il racconto del piccolo Oskar .
La fotografia che privilegia i toni caldi e pastosi ad opera di Chris Menges lo rende figurativamente molto bello.
Ma non può dirsi un film del tutto riuscito a mio parere.
L'inconsistenza dello spunto di partenza ( bellissima idea comunque, una chiave che apra il cuore di un bambino a qualcosa che altrimenti non sarebbe mai riuscito a esprimere) viene alla luce nella chiusura quando ogni tessera del mosaico deve ritrovare il suo posto e francamente la risoluzione del mistero di quella chiave appare debole, Hanks e la Bullock ridotti ai ruoli di spalla sono totalmente inefficaci soprattutto se la loro fissità marmorea( botulinica?) viene rapportata alla prova stupefacente del piccolo Thomas Horn, bambino bellissimo e bravissimo con uno sguardo che letteralmente perfora.
Eccepisco invece sulla voce del suo doppiatore italiano che è veramente insopportabile, quasi da turarsi le orecchie per come è fastidioso il suo timbro vocale.
Max von Sydow tira invece fuori del suo cilindro magico dell'eterna giovinezza tutto il Charlie Chaplin racchiuso dentro di lui in un personaggio quasi sospeso a mezz'aria tra realtà e fantasia.
Molto forte incredibilmente vicino è la storia dell'elaborazione del lutto del piccolo Oskar. Ma anche la storia del superamento di quello stato d'isolamento a cui la sindrome di Asperger lo porta.
Oskar finalmente riesce a fidarsi degli altri. Forse quella bara vuota all'inizio del film che lo rende tanto inquieto per quella che ritiene un'invereconda messa in scena, finalmente acquista un senso, da pagare a carissimo prezzo.
Il prezzo della crescita.
(bradipofilms.blogspot.com )
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