Regia di Giuseppe Ferrara vedi scheda film
Un documentario dalla visione necessaria, per le verità che propone. Proprio per questo è oggetto di censura immemorabile in Italia: si può (ancora) vedere, solo grazie a internet, su Youtube. Giustamente vietato ai minori per le terrificanti scene di tortura che vengono mostrate per una decina di minuti di fila: roba da cinema horror di livello. Ma poiché sono scene reali, storiche, e realistiche, la riflessione conseguente induce a vederne i colpevoli in chi ha perpetrato migliaia di volte tali atti, e ha fatto di tutto affinché non si conoscessero: non certo in chi li fa vedere, denunciandoli, togliendoli dall’oblio e dall’ignoranza cui sono stati relegati appositamente dalle classe dirigenti che li hanno decise (e non le hanno decise certo dei cani sciolti, né dei poveracci; ma una certa classe dirigente, compatta più delle divisioni di potere interne, tanto ricchissima, quanto potentissima).
La classe dirigente in questione è quella statunitense. La denuncia, veritiera, non fa una piega. Semmai pellicole di questo tipo avrebbero avuto più merito se fossero accompagnate anche dalla denuncia delle responsabilità negative della fazione opposta: invece qui non c’è traccia degli orrori delle dittature di sinistra. Si era nel ’75, ovviamente in quel momento l’agone politico era al calor bianco: ma se ciò giustifica l’esibizione della violenza americana senza eccessi, ciò altresì non giustifica la mancata esibizione delle violenze avversarie.
Ciò detto, il film è da vedersi per due motivi: 1) permette di farsi un’idea realistica della politica estera statunitense, da tutto il ‘900 (questi delitti erano cominciati dalla guerra contro la Spagna del 1899, in particolare nelle Filippine) ad oggi; 2) perché tale verità è stata sempre nascosta, e quindi oltraggiata, dalla propaganda capitalista e americana, che è molto efficace nella sua disonestà intellettuale, pur non essendo la propaganda di un totalitarismo (o meglio, essendo la propaganda di un totalitarismo all’apparenza dolce ma, in terra straniera, comunque terrificante). Non si dimentichi che gli orrori americani sono il grande assente, per antonomasia, dall’insegnamento della storia in Italia, che volutamente viene fatto interrompere nella maggioranza dei casi agli anni ’50, sia alle medie che alle superiori, proprio per volontà americana, volontà cui noi dopo ben 75 anni siamo ancora assoggettati, e in modo ormai ingiustificabile da svariati decenni (eccezion fatta per lo sforzo di docenti all’altezza della disciplina, anche se poi bisogna vedere come questi propongono tali contenuti).
Se qualcuno dice gli Stati Uniti sono i maggiori responsabili del male del mondo, da almeno un secolo a questa parte (e forse non ha del tutto torto), qui ha spunti per la riflessione: spunti che 45 anni fa erano noti, ma oggi non lo sono affatto (il volto di Kissinger non lo è certo oggi...).
Da elogiare è la chiara dimostrazione di quanto gli interessi americani fossero dipendenti esclusivamente da quelli di grandi imprese private, sovente criminali. Lodevole è anche il continuo ping pong fra situazione internazionale e italiana: la strategia della tensione (con delitti su cui la magistratura ritarda ancora ad emettere la verità, forse per indirizzo politico filoamericano, non certo per dilettantismo), è narrata bene, impreziosita dalla solita grande prova di Cucciolla, qui nei panni di Pinelli.
Ben documentate sono le responsabilità criminose non solo degli Usa e dei colossi di imprenditoria e finanza, ma anche della Chiesa e dei partiti moderati e conservatori, sovente imperniati sulla Chiesa: fulcro del consenso popolare a forze che in realtà facevano a pugni con gli interessi del popolo.
Guatemala, Cile, Indonesia, Marocco, Bolivia, Cuba, Italia, Grecia… chi più ne ha, più ne metta: il sempre coraggiosissimo (e sottovalutatissimo, per l’efficace della denuncia) Ferrara sciorina una costante, sistematica e consapevole storia di lesione che gli Stati Uniti hanno compiuto dei diritti umani e dell’indipendenza nazionale di milioni di individui; con violenze talmente efferate da gareggiare con quelle delle dittature comuniste, e persino con quella nazista (numero di morti alla mano), forse riuscendo anche a vincere questa lugubre competizione.
Il film corre veloce, anche grazie al montaggio: didascalico, ma non solo, alterna momenti di scarno giornalismo ad analisi. Apprezzabili le musiche di Manos Hatzidakis. Ferrara firma il suo secondo ottimo documentario di fila, replicando l’eccellente risultato del suo primo film, “Il sasso in bocca, contro la mafia, del '69.
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