Regia di George Stevens vedi scheda film
Briosa e divertentissima commedia hollywoodiana, si situa nel periodo di transizione/ibridazione dei suoi sottogeneri classici inglobandone ciascun tratto con mirabile armonia: si oscilla senza soluzione di continuità dalla screwball alla sophisticated, dal registro romantico a quello erotico (naturalmente in rapporto al contesto puritano dell’epoca in quella specifica nazione).
Intinta di spirito roosveltiano e con un fardello propagandistico ai minimi storici (nonostante la realizzazione intrapresa durante il periodo cruciale della seconda guerra mondiale), “The More the Merrier” si permise pure il lusso di aggirare audacemente il soffocante codice Hays lungo tutto il suo sviluppo narrativo, alzando l’asticella fissata a suo tempo da Lubitsch senza per questo lasciare dietro di sé altri seguaci di egual coraggio, almeno fino alle opere del Billy Wilder anni “50.
Stevens, al suo ultimo film brillante (segnato dall’esperienza di documentarismo bellico, smarrirà purtroppo questa proficua inclinazione naturale), si supera nelle repentine virate romantiche combinando la scintillante intensità relazionale dei personaggi con invenzioni linguistiche di grande impatto formale. Deliziosa in tal senso la scena del dialogo notturno tra i due innamorati (la disinvolta e sensuale coppia Arthur-McCrea fa faville) effettuata attraverso un muro divisorio che è al contempo sottile citazione del già iconico Accadde una notte e (quarta)parete destinata, in un finale anch’esso di adorabile misura, ad essere abbattuta non solo simbolicamente da Mr. Dingle (un sornione cupido impersonato con savoir-faire impagabile da Charles Coburn).
Ingiustamente offuscato in Europa sia dai lavori coevi dei più gettonati Hawks, Lubitsch, Sturges, Capra, sia da un basso consenso critico verso il suo regista, il film è tra i più anonimi capolavori del cinema americano “leggero” anni “40.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta