Regia di Elisabetta Rocchetti vedi scheda film
Povero cinema. E non sorridete, perché l’esclamazione non è affatto dedicata all’esordio di quell’attrice particolarissima che tanto ci colpì in L’imbalsamatore. Elisabetta Rocchetti alla prima regia viene promossa, il suo film, causa anche povertà assoluta di mezzi, viene rimandato agli esami di riparazione. Piace di questa storia di formazione la semplicità, l’immediatezza, l’originalità della visione di un male di crescere che ha sempre contraddistinto anche la recitazione della regista. Non ci sono sottotesti, metafore, non detti: la vicenda del protagonista (Marco Rulli, tanto bello e abbastanza bravo da poter divenire il nuovo Scamarcio), intrattenitore seriale di donne mature e insoddisfatte, dalla sua professoressa (Alessia Barela) alla madre del suo migliore amico (Rosa Pianeta), piace proprio perché mai pretenziosa. Il film rischia allo stesso tempo però di scadere in una superficiale malinconia, evidente nei cali di ritmo e in alcuni personaggi tratteggiati rozzamente (Nina Torresi e l’ottimo G-Max, andava sfruttato oltre lo stereotipo). La Rocchetti si ritaglia un personaggio dolente che sfida l’indolenza di Rulli, e lì si gioca la parte migliore del film. Opera prima acerba e imperfetta, Diciottanni. Il mondo ai miei piedi, ma che fa venir voglia di dare alla regista una seconda possibilità. Vera.
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