Regia di Andrea Papini vedi scheda film
Un documento di italianità televisiva, sullo sfondo di una stereotipata efficienza svizzera. Questo thriller del ghiacciaio, costruito intorno al presunto omologo elvetico di Ötzi, il famoso uomo del Similaun, segue il principio secondo cui tutto fa brodo; è così che, nel fumante pentolone di questo giallo cucinato in casa, finiscono la fotografia artistica e la musica d’avanguardia, le tecnologie digitali e il nozionismo wikipediano, le leggende montane e i triangoli amorosi, l’atmosfera da fiction e la promozione turistica. L’improvvisato eclettismo della regia pare ispirarsi a quello che, in tutti i sensi, è il piatto forte della storia: quell’Uberlekke, tradizionale specialità della Val Sesia, che mescola ben sei diversi tipi di carne ed altrettanti tra spezie ed ortaggi. Un piatto menzionato con innaturale insistenza per tutta la durata del film, e la cui ricetta risulta citata testualmente da una guida gastronomica della regione. È un peccato che il piglio originale e ruspante dell’autore si areni su queste concessioni al registro pubblicitario e divulgativo, che sommerge lo spettatore di informazioni per lo più inutili, soffocando sul nascere ogni spunto di mistero. La misura del confine rimpinza una buona idea con un farcitura raffazzonata e troppo pesante, che non vuole rinunciare a nessun sapore, dal gusto piccante della trasgressione sessuale a quello amaro della crisi coniugale, da quello salato dell’avventura solitaria a quello dolciastro della convivialità forzata; e tanto li sminuzza e li comprime da farli complessivamente sfuggire, purtroppo, alla sensibilità del palato.
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