Regia di Giovanni Albanese vedi scheda film
Con tutti i suoi limiti, il film di Giovanni Albanese prova a offrire un’insolita variante sul tema della lotta di classe. Tre operai (Battiston, Salemme e Hassan Shapi), licenziati dal titolare di un pastificio (Paolo Sassanelli) che investe i suoi debiti in una collezione di opere d’arte contemporanee, decidono di riciclarsi come falsari. Se dunque la traccia narrativa, esilissima, rimanda a La banda degli onesti, la presenza dell’arte offe qualche spunto di riflessione. Come dire che in assenza di una strategia collettiva per organizzare il conflitto sociale, si può provare, se non altro, a colpire i segni del benessere dei “padroni” utilizzati per aumentare il divario classista e, in questo modo, recuperare anche il valore sovversivo del lavoro di artisti come Fontana, Manzoni, Pascali e Paladino. Purtroppo i buoni propositi enunciati in sceneggiatura non sempre reggono una volta portati sullo schermo e i problemi del lavoro restano enunciati sullo sfondo più che affrontati. Senza arte né parte funziona dunque soprattutto grazie alla verve della coppia Salemme & Battiston che rievoca i fasti della migliore commedia regionalistica (ma un remake di Guardie e ladri?) e a caratteristi come Mahieux e Bruschetta. Occhio al cameo elettorale da bar di Nichi Vendola: il cinema italiano scende in campo.
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