Regia di Giovanni Albanese vedi scheda film
Bello spunto che sa pescare tra le maglie dell’attualità imprenditorial-lavorativa (precariato, imprenditoria senza scrupoli), con un occhio diffidente al valore dell’arte contemporanea, purtroppo, come troppo spesso succede nel cinema italiano leggero degli ultimi anni, più la storia procede, più diventa balbettante, perdendo così quasi tutto ciò che di buono avevano le premesse (e la prima parte).
Il pastificio Tammaro decide di affidarsi a sofisticati macchinari per produrre la pasta lasciando così a casa i suoi operai.
Tre di questi (a cui prestano il volto Vincenzo Salemme, Giuseppe Battiston e Hassani Shapi) ritrovano parziale collocazione come guardiani delle preziose opere d’arte moderna del loro precedente titolare, e casualmente scoprono di poterle falsificare vendendo gli originali nel mercato nero e lasciando delle copie “perfette” nella galleria.
Ma un giorno l’imprenditore decide di venderle all’asta e i tre dovranno cercare di rimettere le cose a posto per non farsi beccare e finire nei guai.
Commedia molto semplice ed anche abbastanza gradevole, almeno nella prima parte, purtroppo la parte di scrittura è parzialmente latitante e nella seconda parte praticamente tutto risulta poco più che abbozzato, senza la minima credibilità e con sempre una maggiore difficoltà nel trovare la battuta giusta e la soluzione vincente.
Battute che pur senza incantare si trovano invece all’inizio (più brillante, ma anche più concreto con gli alti e bassi della vita), in generale il trio composto da Salemme, Battiston e Shapi funziona senza eccessi, ma lascia soprattutto la sensazione che si potessero sfruttare meglio, come si poteva far risaltare di più Donatella Finocchiaro che non può dimostrare molto se non lo stretto scontato, ovvero che è molto bella.
Vanno inoltre ricordate le due incursioni, soprattutto la prima, del sempre bravo Ernesto Mahieux, comparsate scorrette, spudoratamente in barba alla legge e con tanto brio.
Così alla fine rimane un film debole, sostanzialmente simpatico (ma senza esagerare), ma anche troppo evanescente, quando si scrive una storia si dovrebbe pensare non solo all’idea portante, ma anche ad uno sviluppo più completo e quando questo non si verifica, come in questo caso, i nodi non possono che venire al pettine, prima o dopo che sia.
Insomma siamo di fronte alla classica ciambella senza il buco.
Altalenante.
Parte più che bene, ma poi tende ad arenarsi omologandosi alla più classica superficialità troppo consona alla commedia italiana di questi ultimi anni.
Volto valido per tutte le stagioni e tutti i ruoli possibili nel cinema italiano (non facciamo action per cui è a posto per tutti i fronti).
Certo non è il film per poterlo ammirare al meglio, ma offre pur sempre un contributo valido.
Più che sufficiente.
Si dimena parecchio, fin troppo (come suo solito), cavalcando (male) tutta la seconda parte e strappando qua e là alcune risate.
Appena sufficiente.
Assolutamente sprecata, ma la sua figura non guasta di certo anche se compare soprattutto quando il film si è già giocato le sue cartucce migliori.
Sufficiente.
Il giovincello dello squinternato gruppo.
Tutto sommato non sfigura.
Sufficiente.
Solo due scene per lui che però gli bastano per lasciare il segno.
Effervescente e (giustamente) spudorato.
Il suo personaggio che vale a tutti gli effetti pochino.
In parte, ma senza arte.
Piuttosto omologato, ormai lo sfrutteranno all'infinito per le sue origini culturali.
Abbastanza simpatico, ma un pò ripetitivo.
Sufficiente.
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