Regia di Kaneto Shindô vedi scheda film
Un film giapponese che si può vedere in originale senza sottotitoli. Perché è un film senza dialoghi, un film non parlato. Ma non è un film muto, poiché, a parte il commento musicale (talvolta un po’ invadente) ci sono tutti i rumori e le voci della natura, a cominciare da quello dell’acqua. Kaneto Shindo narra i giorni e le fatiche di una coppia di coniugi che vivono su un’isoletta impervia e arida dell’arcipelago nipponico, dove l’acqua deve essere portata a secchi dalle isole vicine e l’unico mezzo di locomozione è rappresentato dalla barca, i remi e la forza delle braccia. Le stagioni si susseguono l’una all’altra, in una vita che somiglia a quella di tremila anni fa, come la descrisse Esiodo nelle Opere e i giorni: l’anima del mondo, quando la si sa scovare, è unica. Sorprendente ed ineludibile come soltanto essa sa essere, arriva anche la morte, proposta allo spettatore in tutta la sua semplicità, ma anche con tutto il suo bagaglio di emozione. E poi arriva il giorno dopo, con la vita che, per chi resta, continua, con l’acqua da portare, le piante da innaffiare, il corpo da sostentare. Questo di Shindo è un film virgiliano, nel solco delle Georgiche, ma è anche un grano nel rosario di grandi film che vanno da La terra di Dovzenko a L’albero degli zoccoli di Olmi.
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