Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film
Wajda ha spesso usufruito dei testi di validi scrittori polacchi del dopoguerra, non necessariamente appiattiti sulla linea ufficiale del regime. Qui si serve di un testo di Wojciech Zukrowski, come nel 1970 si baserà su un racconto di Jaroslaw Iwaskiewicz per Il bosco di betulle. Curiosamente, di quest'ultimo autore, ho potuto leggere soltanto un racconto (contenuto nell'antologia Racconti dalla Polonia, a cura di Andrzej Zielinski), Bilek, che prende il titolo dal nome di un cavallo, così come il film di Wajda, basato su un racconto di Zukrowski, deriva il titolo dal nome della cavalla che fa da filo conduttore alla storia narrata.
Qui si parla, appunto, di una cavalla considerata menagrama, che passa di mano durante l'invasione della Polonia da parte dell'esercito tedesco nell'autunno del 1939. Il giovane ufficiale degli ulani Jerzy Grabowski, in breve tempo diventa il proprietario della cavalla e incontra la giovane maestrina Ewa, che aveva ammirato ai tempi della scuola. I due giovani si sposano, ammirati e un po' invidiati da tutti, in particolare dal tenente Wodnicki. Purtroppo, per sua sfortuna (o per la sfortuna portatagli da Lotna) il giovane ufficiale perderà presto la vita in combattimento.
La vicenda, di per sé piuttosto tragica, è narrata da Wajda non senza ironia, sicuramente derivata dall'originale letterario di Zukrowski (se è concesso trarre questa conclusione dalla semplice lettura di un breve racconto, nel caso di specie, Il cuoricino di Maryla), che, dato l'ambiente militaresco ricorda un po' Il buon soldato Sc’vèik e un po' il primo episodio di Eroica (1958) di Andrzej Munk. Ma i colori sbiaditi, che diventano, in alcuni momenti, assenza di colore, fanno venire alla mente anche Il settimo sigillo (1957) di Bergman, in parte per quelle figure di soldati slanciati sui cavalli. E, fra gli altri, il film di Wajda rinfocola la credenza, smentita dagli storici polacchi più recenti, della storicità di una carica di cavalleria condotta dai soldati polacchi contro i panzer tedeschi. Anche se l'episodio non è effettivamente avvenuto, serve in ogni caso al regista per sottolineare con amara ironia l'inadeguatezza dell'esercito polacco (e forse della società intera), ancora molto napoleonico, a rispondere alla preponderanza delle truppe naziste.
Gli attori, tutti poco conosciuti, sono all'altezza della situazione, e, tra i comprimari, si nota, nelle vesti di un musicista chiamato a suonare alla festa di matrimonio, un giovanissimo Roman Polanski.
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