Regia di Erik Van Looy vedi scheda film
Linee narrative che si intersecano a formare un labirinto di ipotesi e congetture, sono le direttrici che compongono un puzzle investigativo di non facile soluzione, perché la verità muta la sua forma mentre il racconto procede e il “gioco” filmico si manifesta in tutta la sua evidente e dichiarata sfida ludica.
Cinque amici libertini all’apparenza felicemente sposati ma pronti a cogliere le occasioni che si possono manifestare (carpe diem diceva Orazio), una stanza privata con solo cinque chiavi di accesso, un ideale spazio dove mettere in atto il tradimento coniugale evitando qualsiasi rischio, sembra un sistema sicuro e impenetrabile, a prova di moglie impicciona, ma si rivela invece una trappola per topi quando una mattina nel letto dei piaceri viene trovato il corpo di una donna morta.
Chi l’ha uccisa? Chi poteva entrare nella stanza oltre ai cinque proprietari della chiave? Come uscire da questa situazione senza che lo scandalo dilaghi distruggendo la vita di tutti?
Questi sono solo alcuni degli interrogativi che il complesso plot scritto da Bart De Pauw cercherà di sviscerare in un crescendo di sospetti, colpi di scena e rovesciamenti di fronte, un thriller che porta avanti una narrazione frammentata che fa ampio uso di flashback e che costruisce e de-costruisce le dinamiche di un’azione criminale che troverà degna soluzione solo nel finale.
Loft esce nel 2008 diretto dal belga Erik Van Looy e in patria ottiene un grande consenso di pubblico, un successo tutto sommato meritato perché il film pur avendo una naturale dimensione teatrale varia i tempi della narrazione e non perde di vista i classici elementi che rendono un thriller degno di essere visto, la componente erotica non l’ho trovata di grande rilevanza, ci sono un paio di scene di nudo ma non è su questo aspetto che il regista si gioca le carte migliori.
A dominare è naturalmente un’atmosfera di forte ambiguità e mistero, di punti fermi costantemente messi in discussione, il tradimento è presentato come un gioco a portata di chiave, i cinque protagonisti vengono ben delineati nelle loro debolezze e ipocrisie, nella loro essenza profondamente amorale e opportunistica, cinque figure tutto sommato comuni che gli attori chiamati in causa tratteggiano molto bene.
Ma Loft è chiaramente un film “sfida”, un thriller europeo che richiama alla memoria alcune pellicole americane e che ha l’obbiettivo primario di giocare con lo spettatore, di coinvolgerlo nel contorto e sfuggente meccanismo narrativo per poi sorprenderlo sul più bello, una scelta chiarissima che il regista gestisce con buona perizia tecnica sfruttando al meglio una sceneggiatura ricca di spunti e di soluzioni ben studiate.
Nonostante l’ingarbugliato iter narrativo il racconto mette nel finale ogni pezzo al posto giusto, la cronistoria degli eventi ha una sua credibilità e Van Looy inganna lo spettatore in una sola circostanza, troppo poco per gridare allo scandalo e ridimensionare il giudizio su quello che resta un ottimo thriller, diretto con mano esperta e interpretato da un gruppo di attori sconosciuti (almeno per me) ma perfettamente in parte.
Visto il successo, ma direi anche la facile riproposizione in ambito americano, nel 2014 esce un remake diretto dallo stesso regista belga, ovviamente con un cast diverso che vede in campo tra gli altri Karl Urban, James Marsden e Rhona Mitra, unico elemento di collegamento è l’attore belga Matthias Schoenaerts presente in entrambi i film.
Voto: 7
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