Regia di Jeong-beom Lee vedi scheda film
Cha Tae-Sik, un uomo taciturno dall’oscuro passato, gestisce un piccolo banco dei pegni; il suo solitario tran-tran quotidiano viene riempito dalla giocosa presenza di una bambina, So-mee. Quando lei si troverà nei guai, si vedrà costretto ad intervenire.
Questo noir sudcoreano non brilla senz’altro per il plot, abbastanza risaputo, né per i rarefatti dialoghi o i personaggi stereotipati e facenti ormai parte dell’immaginario cinematografico action asiatico. Ma, si sa, quando ci si muove su canoni standardizzati di genere, ciò che conta è lo svolgimento; e qui, per fortuna, si vola su livelli altissimi. Il regista, complice l’ottima sceneggiatura, è infatti abilissimo nel dosaggio delle emozioni e nel tenere a bada alcuni momenti di eccessivo lirismo, oltre a dimostrare una tecnica registica ineccepibile: vedere per credere le sue dinamiche riprese dei non onnipresenti (e quindi sempre emozionanti) combattimenti, realizzati con una chiarezza e godibilità stilistica tra le migliori che abbia mai visto (e senza abusare dei rallenty). Tale assunto trova l’apice applicativo nello spettacolare scontro armato nei bagni della discoteca e nel feroce scontro all’arma bianca finale, due momenti realmente emozionanti. Il protagonista (Won Bin) ha poi la faccia giusta per il ruolo: quasi sempre glaciale ed indifferente ma pronto ad esplodere in culminanti momenti di rabbia e frustranti corse dietro auto in fuga, vano sfogo della dolorosa impotenza del personaggio interpretato. Meno convincenti i dialoghi (non sempre pregnanti) e la caratterizzazione degli antagonisti, comunque all’interno di un altro esempio della notevole vitalità della produzione asiatica nel cinema “mainstream”.
Vendicativa.
Ottima.
Oscuro.
Graziosa.
Perduta
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