Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film
1600 circa, in un villaggio della campagna norvegese. Sofren è uno studente di teologia che supera un esame per diventare il pastore del villaggio, ma è obbligato a seguire un'insolita tradizione che prevede che debba sposare l'anziana moglie del pastore precedente. Sofren accetta di sposare Dama Margarete, anche se è già fidanzato con una ragazza del villaggio chiamata Mari, sperando che l'anziana donna muoia presto. Il giovane presenta Mari come sua sorella e le fa ottenere un lavoro da governante in casa sua, ma tutti i suoi tentativi di ritrovarsi in intimità con la fidanzata vengono sventati dall'intrepida Dama Margarete.
E' un film più leggero rispetto alle altre opere di Dreyer, che in genere si dedicò al dramma introspettivo o storico; a tratti è una vera e propria commedia muta con tocchi esilaranti, soprattutto nella sequenza iniziale del discorso dei tre aspiranti pastori che vede Sofren contrapposto ad un giovane dall'eloquio mortalmente noioso e ad un altro fin troppo pretenzioso. Anche i tocchi comici nelle scene del mancato corteggiamento di Mari vanno a segno, con un andamento quasi chapliniano di alcune sequenze, rafforzato da una certa somiglianza dell'attore Einar Rod con il mitico Charlot. Dreyer riesce ad avvalersi con felice gusto paesaggistico delle riprese in esterni naturali nei pressi della città norvegese di Lillehammer, riesce a dosare sapientemente il ritmo e ad inserire, nella parte finale, una dose prevalente di malinconia legata alla scomparsa imminente della vecchia. Gli attori sono ben diretti, in particolare l'anziana Hildur Carlburg che morì realmente poco dopo la fine delle riprese, con una recitazione molto sobria se paragonata ai dettami che imperavano all'epoca del muto. Non siamo ai livelli di intensità e forza stilistica della "Passione di Giovanna d'Arco", ma resta comunque uno dei migliori film muti del regista, senz'altro da riscoprire.
voto 8/10
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