Regia di Stephen Quay, Timothy Quay vedi scheda film
Un cortometraggio dedicato all’anatomista francese Honoré Fragonard (1732-1799), creatore di celebri sculture di uomini ed animali “scorticati”, e al museo di anatomia Orfila di Parigi. Protagonisti sono figure essenziali, scheletriche, pupazzi assemblati con pezzi di oggetti plastici e metallici, esseri viventi di una natura immaginaria e strettamente concettuale, riferita a significati appena costruiti, a categorie create ex novo. In queste creature la vita è energia vibrante di pensiero, che pizzica le idee ma trattiene l’espressione. La forma filamentosa del movimento, che si avvolge a spirale, traccia ghirigori o, semplicemente, si perde in linea retta, suggerisce un’intenzione che sgorga dalla volontà senza però mai giungere a compimento. Queste anatomie estinte, sottili come capelli e ed elastiche come le corde di uno strumento musicale, hanno l’aggraziata debolezza delle intuizioni che non arrivano a prendere corpo, e continuano a vibrare nello spazio, all’infinito, come embrioni di iniziative, o spunti eternamente irrisolti. La loro forza è un’armonia che riesce ad essere tale anche se non è definita secondo canoni prestabiliti, né accostabile a suoni e cadenze reali. La loro esistenza è simile a quella degli emarginati, degli ultimi, degli individui isolati e considerati inutili, che pur non partecipando attivamente al funzionamento della società, sono comunque presenti, e portatori di un’anima capace di riempire il vuoto di un senso vitale, poetico e persino artistico. La macchina da presa indugia sulle figure di due di questi abitanti dei bassifondi - forse addirittura del sottosuolo - di una città che li respinge: un ambiente metropolitano che, in superficie, appare avvolto in una luce candida e solare, eppure è freddo e sterile nella perfezione architettonica delle sue spigolose geometrie. Il vero succo della vita è altrove, dove una coperta ammucchiata spezza l’anonima simmetria del tessuto a righe, e l’ombra e la muffa macchiano la scena. Rehearsals for Extinct Anatomies è uno splendido esempio di film in cui le immagini non sono tanto concepite per l’occhio, quanto per la mente; e più che condurre quest’ultima per mano, verso un obiettivo designato, la convincono, dolcemente, a prendere il largo e lasciarsi andare.
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