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Una moglie americana

Regia di Gian Luigi Polidoro vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Una moglie americana

di gmigliori
6 stelle

Il sogno americano di un travet milanese

Il sogno americano di Riccardo, umile travet milanese che, seguendo l’esempio di un amico d’infanzia, approfitta di un viaggio di lavoro negli States al seguito del suo dispotico principale  per tentare di sposare a tutti i costi un’americana  in modo da ottenere per la via più spiccia la cittadinanza statunitense, illudendosi così di dare una svolta radicale alla propria vita e di ottenere senza sforzo  un grande successo economico.   Incurante del consiglio dell’amico che gli suggerisce  di orientarsi decisamente su una “vecchia” facoltosa, Riccardo si lascia affascinare da sirene più giovani e sensuali e finisce così coinvolto in una ridda frenetica di malintesi e disavventure (complici anche le difficoltà linguistiche e le notevoli differenze culturali) che finiscono per allontanarlo  inesorabilmente e comicamente  dall’obiettivo che si è posto, ricacciandolo indietro verso il grigiore della sua vita precedente.

Il film è incentrato sull’istrionismo di Tognazzi, secondo me perfetto nel ruolo del “marpione italico” che con grande cinismo mette in campo le sue doti di seduttore latino (è costantemente scambiato per uno spagnolo) per ottenere il suo scopo, anche se la sua meschinità e ipocrisia gli impediranno di raggiungerlo. Altro motivo di sicuro interesse è senza dubbio rappresentato dai cenni di rappresentazione sociologica dell’ America ipertecncologica e avveniristica  dei primi anni ’60 (vedi in particolare l’incontro con la “astronaut’s wife” a Cape Kennedy) che con il suo convulso e consumistico stile di vita travolge e sconvolge il povero “emigrato”, proveniente dalla ben più arretrata e provinciale  realtà economico-sociale dell’Italia del dopoguerra. Tematiche molto affini troviamo anche nel coevo Un italiano in America di Alberto Sordi (1967).

In ogni caso questi aspetti postivi non riescono  però  a compensare le evidenti approssimazioni e banalità della sceneggiatura, gli schematismi e la rigidità di una serie di episodi che ripetono la stessa struttura di fondo (l’apparente facilità della conquista seguita subito dopo dall’insorgenza di problemi insormontabili che rendono impossibile il matrimonio), il ricorso a facili cliché sull’italiano all’estero visto come  impenitente dongiovanni da quattro soldi: insomma mi sarei aspettato di più dalla collaborazione tra il regista Polidoro e l’illustre  duo di sceneggiatori Flaiano – Azcona. 

Nel complesso una piacevole  seppur esile commedia, in grado di offrire allo spettatore qualche interessante spunto di riflessione.

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