Regia di Russell Mulcahy vedi scheda film
Il film Prayers for Bobby, prodotto nel 2009 per la televisione statunitense e accolto da un grande successo di pubblico, a parte certe immancabili polemiche conservatrici, si potrebbe definire un "caso" socio-culturale, un piccolo ma importante film diretto dal discontinuo Russell Mulcahy, il famoso regista australiano di videoclip nonché dell'arcinoto cult Highlander con Christopher Lambert e Sean Connery.
Prayers for Bobby è tratto dal romanzo di Leroy Aarons e si basa sulla vera esperienza di Mary Griffith (S. Weaver), moglie e madre molto devota e rigidamente osservante dei precetti della Chiesa presbiteriana, una vicenda che testimonia la maturazione della protagonista nella fede, concepita però in una apertura e una critica costruttiva ai limitati e castranti preconcetti religiosi. La molla che fa scattare qualcosa nel profondo di Mary è il dolore di una privazione enorme, quella del proprio figlio Bobby (R. Kelley) che si suicida in seguito al rifiuto della sua omosessualità da parte della madre, fondamentale punto di riferimento affettivo ed etico, e dopo l'approfondirsi dei sensi di colpa e dell'insanabile contrasto tra la propria natura e la condanna di una certa, e diffusa, concezione religiosa, tra la sua bontà d'animo e la presunta turpitudine di una deviazione maligna, inconcepibile e inaccettabile.
Il film si divide grossomodo in due parti: la prima in cui si sviluppano i conflitti familiari e interiori (anche in modo però abbastanza affrettato), maturano le esperienze amorose di Bobby e vengono raggiunti i primi e più intensi climax, che sono d'altra parte il filo rosso che lega la struttura del film, con al centro il funerale e soprattutto il ricevimento, dove Mary e il marito Robert (H. Czerny) conoscono David (S. Bailey), il breve amore di Bobby. La seconda parte invece vede la nuova "conversione" di Mary, il suo bisogno di capire e cercare di sanare le contraddizioni tra la bontà di Dio e la presunta condanna di un'animo buono creato a sua immagine e a tal scopo si mette in discussione coraggiosamente, inizia a parlare col reverendo Whitsell (D. Butler), impegnato nell'accoglienza dei gay, per poi entrare sempre più in campo fino all'aperta lotta contro le discriminazioni e la comprensione di dover difendere la "sua" nuova miriade di Bobby.
R. Mulcahy ha una mano sicuramente apprezzabile nella gestazione di questo film televisivo che funziona molto bene anche sul grande schermo, un caso di semplicità stilistica che riesce a trovare un bell'equilibrio tra cura formale, seppur legata a convenzioni, e comunicazione col pubblico, grazie appunto ad una struttura semplice in cui sentimento e commozione non sono grottescamente esasperati e non scadono nella stucchevolezza e soprattutto trovano un sostegno validissimo e del tutto credibile da parte di una Weaver che mette tutta se stessa in intensi sguardi e gesti calibrati, assecondati con discrezione dalla mdp di Mulcahy e dal resto del buon cast.
Nominato a due Emmy Awards 2009 per miglior film TV e attrice, vincitore del 21° Annual GLAAD Media Award, del Gay & Lesbian Entertainment Critics Association Dorian Award e del Seattle Gay & Lesbian Film Festival Audience Award 2009. Passato anche ai Festival Queer di Torino e di Firenze. 7 1/2
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