Regia di Peter Greenaway vedi scheda film
Il rapporto di P. Greenaway col documentario vero e proprio, non di finzione, si consolida con questa commissione di Channel Four Television per la serie Inside Rooms, che sarebbe dovuta continuare con altre stanze della casa ma di fatto si è bloccata con i 26 Bathrooms, London & Oxfordshire, 1985.
Già così però si ha un ottimo esempio del coraggio e dell'originalità di certi progetti esteri che qui in Italia sarebbero fantascienza o pura pazzia, magari con sterili e assurde accuse scandalistiche o giustificazioni di mercato. Non solo una serie sugli usi e le considerazioni delle sale da bagno tra gli inglesi, ma addirittura diretta da registi importanti e in piena attività (Greenaway aveva già realizzato il successo de I misteri del giardino di Compton House).
Dal punto di vista "funzionale", il corto in questione mi sembra molto importante perché si concentra ed entra direttamente, senza mezzi termini né ipocrisie o imbarazzi, nelle abitudini e nelle testimonianze di veri inglesi e nelle loro vere vite. Essi stessi (pur magari essendo delle eccezioni) mettono in risalto la sconvenienza che l'argomento ha agli occhi della maggioranza, soprattutto in una società puritana che considera la stanza del gabinetto angusta, un bugigattolo solo funzionale o lo specchio come qualcosa da censurare se a figura intera. Per i testimoni del film invece va rivendicata e anzi è necessaria la confortevolezza del bagno, la sua spaziosità e la sua importanza (anche maggiore) nella casa e per l'intimità, il raccoglimento e la rilassatezza della persona, la cura di sé.
Greenaway dà un taglio come sempre originale alla materia che tratta; anche se ormai le sue strutture alfabetiche e numeriche sono consolidate, sono inusuali in un documentario televisivo e hanno sempre una funzione organizzatrice pura, una razionalità che si fonde con la naturalezza dell'approccio, delle immagini e delle parole; il loro ordine non è freddo, ma lascia sempre trasparire un senso di dolcezza (la madre nella vasca col figlioletto), una immediatezza esplicita e insieme pudica perché non morbosa o scandalistica (uomini e donne di vario tipo sotto la doccia) e un'ironia sincera e autocritica che si rivela proprio negli elenchi alfabetici riferiti agli argomenti esposti. Anche la fotografia contribuisce a dare un carattere pacato, intimo, che restituisce l'agiatezza dei protagonisti e mette a loro agio anche gli spettatori (ma so già che comunque ci sono sempre i bigotti più incalliti e cocciuti che si fermano solo all'apparenza), come pure la serena e un po' malinconica musica di Michael Nyman, con un tema reiterato ma rilassante (nonostante la continua voce acuta del soprano) grazie agli interventi del violoncello e delle armonie piane.
Ancora una volta l'acqua e le enumerazioni tornano e torneranno, sempre con nuova linfa. Nel suo genere è un piccolo gioiello ammirevole. 8 1/2
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