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Los placeres ocultos

Regia di Eloy de la Iglesia vedi scheda film

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La recensione su Los placeres ocultos

di kotrab
8 stelle

Non so se sia stato il primo, ma di sicuro Los placeres ocultos è uno dei primissimi film spagnoli ad aver affrontato direttamente e senza sotterfugi il tema dell'omosessualità e sicuramente lo è nella interessante filmografia di E. de la Iglesia, regista ben poco conosciuto in Italia. Questo film avrebbe, credo, buone possibilità di essere apprezzato anche in questo Paese inibito perché, a dispetto del titolo che ci suona "pericoloso" e proibito, non ha nessun sentore di morbosità gratuita, né motivi per urlare allo scandalo, né forzature sensazionalistiche di cattivo gusto o scandalistiche.
Eduardo (S. Andreu) è un direttore di banca sulla quarantina e pur essendo quindi affermato professionalmente è costretto a nascondere al mondo le sue inclinazioni sessuali e a cercare avventure occasionali. Quando incontra Miguel (T. Fuentes) davanti ad una vetrina di motociclette, attacca discorso e poi riesce ad assumerlo come impiegato negli uffici bancari e come dattilografo personale. Dichiaratosi a Miguel e rifiutato perché il ragazzo ha una fidanzata, Carmen (B. Rossat), Eduardo una sera viene molestato dagli amici omofobi di Miguel, il quale però sente il dovere di difenderlo. Da qui si stabilisce un'amicizia che coinvolge non solo Miguel ed Eduardo, ma anche Carmen, in una relazione platonica lontana da barriere di classi sociali...
E' un film semplice nell'intreccio e nella narrazione e proprio la semplicità nel senso migliore del termine è l'obiettivo di de la Iglesia; ciò è riscontrabile anche nei dialoghi, non impegnativi ma diretti e chiari, di una sincerità e immediatezza che non conosce banalità, ma anzi sa mettere in risalto senza vergogna o paure i temi fondamentali e riesce a raggiungere momenti di toccante tenerezza, come nella breve ma molto bella scena del dialogo tra Eduardo e la madre morente: Eduardo ha appena avuto la delusione dopo la sua dichiarazione d'amore a Miguel ma la madre (Ana Farra), ormai esperta delle espressioni e dei toni di voce del figlio e consapevole della sua diversa sensibilità, lo consola raccomandandosi che non resti mai solo, in un addio implicito, naturale, asciutto nella forma e senza imbarazzi.
De la Iglesia ricorre alla linearità ma sa usare con efficacia anche alcuni fermo-immagine nei momenti più significativi, tra cui il finale aperto alla speranza e nel quale il film si congeda come era iniziato, sulle note di una splendida cantata barocca che potrebbe essere (non mi vorrei sbagliare) di G. F. Handel (con un controtenore che a giudicare dal timbro vocale potrebbe essere Alfred Deller).
Calibrate e altrettanto dirette le interpretazioni e simpatici soprattutto i protagonisti Andreu e Fuentes. Musica originale di Carmelo A. Bernaola. 8

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