Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Il nome del regista è piuttosto famoso, ma probabilmente il titolo del lavoro sfugge anche a chi ha visto cento volte Il settimo sigillo e altrettante Il posto delle fragole, Sinfonia d'autunno o Persona. Qui siamo in tutt'altro territorio, rispetto al 'solito' cinema, drammatico e filosofico, passionale e moralista, del Maestro svedese; c'è però un richiamo psicologico fortissimo che accomuna Il volto di Karin ai titoli più noti della sua produzione. Si tratta infatti di un cortometraggio che mostra in sequenza una serie di foto della madre del regista (Karin, appunto) e che, in una dozzina di minuti commentati da una semplicissima colonna sonora - uno spettrale pianoforte dalla lenta cadenza -, vuole solamente rendere omaggio alla figura materna. Niente di più, nulla di elaborato, sofisticato, nessuna arcana simbologia: per una volta Bergman si fa quieto e sommesso, mettendo da parte le sue idee e le problematiche e tematiche che tanto gli sono care, per lasciare parlare le immagini, peraltro ferme (sono solo fotografie). Qualcosa di simile Bergman lo aveva già tentato una ventina di anni prima con Daniel, un altro corto che sfoggiava immagini del figlio Daniel, contenuto nel lavoro collettivo Stimulantia. Sufficienza 'politica'. 6/10.
Il volto di Karin Bergman in una serie di fotografie.
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