Regia di Cristi Puiu vedi scheda film
La morte in diretta, da casa in sala operatoria senza ritorno
Mirandolina.
E’ il nome di un gatto magro e spelacchiato, uno dei tre del signor Lazarescu Dante Remus (Ion Fiscuteanu), stazzonato pensionato in pigiama a righe e berretto di lana che poggia a terra ciotola e gatto con evidente fatica e poi si attacca al telefono poggiato sul tavolo di cucina.
Nusu e Fritz sono i nomi degli altri due gatti, la loro presenza muta è uno dei minimi indizi che Cristi Puiu dissemina per mettere a fuoco il suo personaggio.
Nomi non qualsiasi, il signor Lazarescu li raccomanda per nome al vicino quando arriva l’ambulanza per portarlo via, e si sa, chi ama i gatti non li chiama gatti.
Fuori, lo scarso traffico notturno striscia sull’asfalto. La mdp, ferma sul marciapiede di fronte, ha guardato per qualche secondo le rare luci del palazzone di periferia, poi è entrata nella cucina del signor Lazarescu dove mano di donna sembra non essere mai passata e uno degli interni topici della periferia rumena post Ceausescu va in scena.
Sul tavolo, ingombro di tutto un po’, il telefono spicca asettico e indifferente al mal di testa del poveretto.
La voce del call center dell’ospedale fa le petulanti domande di rito, lui paziente risponde, dà l’indirizzo, assicura di non aver bevuto più di quanto non beva chiunque al mondo, chiede che mandino un’ambulanza a prenderlo.
Ha subito un’operazione di ulcera quattordici anni prima e ora non va affatto bene, il suo gran mal di testa che dura da quattro giorni forse nasce proprio dallo stomaco. Dopo un po’chiama di nuovo, naturalmente la voce è un’altra, lui ripete nome e indirizzo e il fiatone aumenta.
Vorrebbe l’opinione di uno specialista, tutto qua. Ne morirà, dopo due ore e mezzo, il tempo del film e di una notte, quella del suo calvario fra ospedali e guardie mediche.
Cristi Puiu conosce molto bene l’arte del crescendo rossiniano, l’accelerazione diagogica con ingresso graduale di strumenti.
Piano piano, dolce dolce, all’inizio, il quadro si va delineando in lenta progressione, il ritmo accelera fino a diventare una carambola nel vortice di ospedali, diagnosi, scontri di competenze fra medici di guardia, ritardi per incidente stradale, di tutto un po’, come sul tavolo di cucina.
Quindi il silenzio, di colpo tutto tace e l’ultimo fotogramma è del signor Lazarescu steso immobile in barella, lavato, rasato e disinfettato, pronto per la sala operatoria, dopo il vorticoso passaggio lungo i gironi del suo Inferno personale.
Una lunga sequenza di minuzia quasi maniacale accompagna i preparativi, quel corpo nudo è ormai solo il paziente numero x da preparare per il dott. Anghel. Il titolo del film ci dice come finirà.
Del signor Lazarescu non sappiamo né sapremo nulla oltre il suo malessere e il corpaccio grosso e malandato, segnato dagli anni e da un reddito sulla soglia di povertà.
Ma ci sono i gatti con i loro nomi strani, “Madame de Pompadour” in francese e “ incoerenza” in italiano sono parole dette fra sé e sé dopo le telefonate, sopravvivenze di un linguaggio forse un tempo forbito, in salotto c’è una scrivania con pile di carte polverose che s’immagina nessuno tocchi più da un pezzo.
Chi sarà stato mai il signor Lazarescu Dante Remus?
Un numero, un codice rosso in un Pronto Soccorso. E un uomo in balia della sorte sulla barella in un angolo di ospedale.
Impossibile rappresentare la morte in modo più asettico, antiretorico, realistico.
Il signor Lazarescu muore perché così si muore in tanti, tantissimi, di mala-sanità, di mala-vita, di solitudine.
Mioara (Luminita Gheorghiu) è l’assistente medico che l’ha prelevato in casa e l’ha accompagnato in tutte le tappe. E’ l’unico essere umano ancora capace di pietas, forse una cellula impazzita, certo l’ipotesi di un futuro ancora possibile.
Ma non per il signor Lazarescu Dante Remus che solo i gatti rimpiangeranno, o forse no.
Una sorella, Eva, è una voce al telefono prima che si chiuda la porta di casa. Abita lontano, verrà domani, ma sarà tardi.
Bianca è una figlia, in Canada, solo un nome.
Il resto è odore di disinfettanti e chiacchiere da Pronto Soccorso, strafottenza e presunzione di giovani medici nei loro camici ben stirati.
Una canzone pop-romantica anni ’60 accompagna i titoli di coda, Il richiamo del mare.
Sul signor Lazarescu si spengono i riflettori.
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