Regia di Bruce La Bruce vedi scheda film
Otto, ovvero farsi la gente morta. Chi ha detto che il sesso esplicito, declinato pure pornograficamente, sia solo un'aberrazione dell'istinto patologico di animali in calore? Il porno, sia etero che omo, può invece significare lo strumento disinibito per riflettere sul corpo, sulla carne, sui rapporti di forza tra sesso e classe sociale. Può essere il veicolo più incisivo per criticare i comportamenti coercitivi e impositivi di chiesa, società borghese, forze militari e quant'altro. Il porno, se utilizzato con autorialità, idee, narratività e recitazione, può essere una bomba a orologeria capace di deflagrare il sistema moralistico dei poteri costituiti attraverso la rottura del tabù sessuale. La ribellione della carne contro la disciplina degli "abiti" mentali.
L'idea del navigato Bruce LaBruce è originale e coraggiosa, purtroppo è un'opera castrata. Non solo c'è fin troppa "carne" al fuoco – film nel film attraversato pure da un documentario nel film nel film che diventa mockumentary autoreferenziale; più piani narrativi e quindi anche soggettive diverse (tre: l'occhio del regista, l'occhio di Otto, l'occhio della regista finzionale Medea); porno, erotico, esistenzialismo, tematiche queer, citazionismi, etc etc – ma se tanto mi da tanto, la chiave di lettura del film dovrebbe essere l'uso autoriale della pornografia, qui praticamente assente. A parte un'audace penetrazione gay nella carne smembrata di uno dei protagonisti, e qualche nudo veloce della coppia Schlutt/Crisfar e il pene al vento durante la minzione di Gio Black Peter, solo l'orgia finale sa di vera pornografia, anche questa però autocensurata. È un po' come fare un western senza cavalli.
Sicuramente è lodevole l'operazione underground e l'urgenza autoriale di contrastare il pensiero dominante, riflettere sulla condizione zombesca del popolo gay o più in generale di qualsiasi individuo sex-addicted, per il quale l'atto sessuale diventa compulsivo/ossessivo senza per questo trasformarsi in patologia, ma solo semplicemente liberazione del proprio corpo e ricerca/realizzazione del proprio piacere. È quindi fuori discussione l'importanza della pellicola in sé e del linguaggio difficile adottato dal regista, ma resta il rammarico per un'opera sicuramente disturbante in molte scene, ma che non c'entra in pieno l'obiettivo, implodendo su se stessa.
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