Regia di Eugenio Cappuccio vedi scheda film
Che Se sei così ti dico si fosse un film da evitare a ogni costo lo si capiva già dall'errore contenuto nel titolo, con quel "si" senza accento (mentre "così", correttamente, lo ha) e che puzzasse di bluff lo si intuisce dalla locandina, con un Solfrizzi radicalmente diverso da come è truccato nel film. Il resto è una storia esilissima che sta a metà strada tra il già inguardabile Notting Hill, commedia rosa targata julia Roberts e Hugh Grant e L'uomo in più di Sorrentino, con Servillo crooner meteoritico e dimenticato degli anni '80.
Siamo in Puglia, a Savelletri di Fasano, dove Pietro Cicala (Solfrizzi), dopo un successo passeggero ottenuto con una canzone intitolata Io, tu e il mare, è da anni costretto a riparare nella cucina del ristorante gestito da sua moglie (Forte). La grande occasione gli si ripresenta quando lo chiamano per uno di quei programmi spazzatura (autentici) a carattere nostalgico, I migliori anni, condotto dal sempre abbronzatissimo Carlo Conti. In fretta a furia e dopo non pochi ripensamenti, Pietro si reca a Roma per la diretta televisiva e lì, nell'albergo a cinque stelle dove viene ospitato, si imbatte accidentalmente in Talita Cortès (Belen Rodriguez), una capricciosa divetta della moda, che per togliersi di torno qualche domanda scomoda che arriva dalle solite troupe d'assalto del giornalismo scandalistico, lo fa passare per la sua nuova fiamma.
Con la sola parentesi di Uno su due, la filmografia di Cappuccio è costellata di commediole di infimo livello. Non fa eccezione, anzi, peggiora lo standard, questo film che ruota attorno al fondoschiena della Rodriguez e alle quattro smorfiette che la ex di Fabrizio Corona riesce a fare nel trasudo di silicone. Cosa ci faccia il sempre bravissimo Solfrizzi in un film come questo, peraltro prodotto dai fratelli Avati, è un vero mistero. Tra dialoghi tremebondi e banalissimi e uggia a gogò, Se sei così ti dico si rientra nella schiera di quei film in stile Viale del tramonto per i quali dovrebbe essere vietata per legge la versione in commedia, tanto più se non riescono a suscitare una sola risata.
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