Regia di Gustav Machatý vedi scheda film
Già quattro anni prima di Ekstase, Gustav Machatý affronta il tema dell’amore istintuale contrapposto al matrimonio borghese. L’attrazione puramente carnale, che si nutre di sguardi e di contatto fisico, si impone sullo sfondo di una società retta da rapporti convenzionali, in cui all’uomo spettano i soliti ruoli ed i soliti vizi: il padre della protagonista, anziano ferroviere, con il suo gusto per gli oggetti preziosi, per il cibo, per il vino, per il gioco, incarna la tradizionale figura dominante ed avida che, pur dimostrandosi tranquilla ed affettuosa, pone comunque se stessa al centro della vita familiare. Per questo motivo, incurante dei comprensibili timori della figlia Andrea, ospita in casa un estraneo e, quando la giovane donna viene da lui sedotta e abbandonata, non si rende conto della sua profonda angoscia. Per questo motivo alla ragazza non resta altra scelta che fuggire, spinta in parte dalla disperazione, in parte dall’ardente desiderio di ritrovare l’uomo di cui, nonostante tutto, è ancora innamorata. Quest’ultimo, però, l’ha subito dimenticata, riprendendo, come se nulla fosse, la sua spensierata esistenza di scapolo benestante. Il suo raffinato cinismo fa da contraltare a quello rozzo e brutale del carrettiere che, una notte, dopo aver raccolto per strada la povera Andrea, cacciata dalla pensione dove alloggiava, cerca subito di approfittarsi di lei. Come nel successivo film, il romanzo rosa si intreccia con il saggio sociologico, presentando, attraverso le vicende sentimentali di una giovane donna, il conflitto tra la facciata perbenista e l’abisso delle passioni, che percorrono tutto lo spettro delle emozioni, dal fulgore incandescente dell’attrazione alla mortifera ombra della gelosia. Persino il triangolo amoroso, nella seconda parte del film, viene sottomesso ai canoni salottieri delle buone maniere, attraversando come un brivido strisciante i riti del ballo, della gita fuori porta, della partita a scacchi, del bicchiere tra gentiluomini. I gesti e le occhiate sfuggono dall’immagine come furtivi messaggi in codice, che trasmettono le idee con l’intensità di una folgorazione, senza però infrangere il quadro delle apparenze. Quella che dunque appare come una realtà repressa, pronta ad esplodere da un momento all’altro, conoscerà, alla fine, due soluzioni diametralmente opposte: dal lato femminile, la rinuncia totale e definitiva, che ristabilisce l’ordine all’insegna di un oblio pacificatore, e, dal lato maschile, la violenza assassina, che afferma l’assoluta sovranità dell’io, e un concetto di bene fondato sul possesso esclusivo e inderogabile.
Su Cinerepublic la recensione per immagini:
http://cinerepublic.film.tv.it/erotikon-1929-di-gustav-machata/1639/
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