Regia di Sharunas Bartas vedi scheda film
Umanità ai margini: quella che ha sempre contraddistinto il cinema estremo e contemplativo del lituano Sharunas Bartas. Una banda di ladri o trafficanti, un furto d'auto, una parte di loro che fugge col mezzo rubato per raggiungere una pianura quasi disabitata.
Un casolare desolato che ospita una comunità che vive nell'indigenza e di accattonaggio; uno della banda che cerca una donna; un regolamento di conti e una fuga che verrà bloccata sul nascere col sangue.
Sangue e fango: non resta molto altro in questo mondo ostile e freddo, bello, anzi magnifico visto in scorcio da lontano, ma misero e meschino ogni qualvolta lo sguardo si posi sul particolare.
Anche quando assume le fattezze del “road movie”, il cinema di Bartas non rinuncia ai ritmi solenni e quasi statici che ne hanno celebrato la grandezza e la profondità. Il film si perde volutamente nelle convenzioni e nelle tradizioni di un popolo errante e zingaro che vive di usi e costumi tramandati oralmente. Ecco che la trama (se così si può definire) gialla si scioglie ed annienta nella contemplazione di un paesaggio che è sempre la forza più travolgente e dirompente rispetto ad ogni altro elemento.
Cinema di poche parole, ma di atmosfera e d'emozione. La contemplazione va vissuta, più che descritta, e dunque è difficile aggiungere qualcos'altro a questo ulteriore interessante tassello di una cinematografia unica e rara.
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