Regia di Gilles Coton vedi scheda film
Avrebbe dovuto scrivere, proprio in quell’estate del 1959, alcuni dialoghi di La dolce vita. Eppure lui, Pier Paolo Pasolini, preferì andarsene in giro: la sua Fiat 1100 come unica compagna, tutto il litorale italiano come perimetro da seguire. Da Ventimiglia a Trieste, in un certo senso alfa e omega, quasi a voler chiudere un cerchio. E a circoscriverne un’identità. Era, dicevamo, il 1959 e da quelle immagini in movimento furono partoriti i versi in prosa di La lunga strada di sabbia. A più di cinquant’anni da quel mondo postbellico ma preborghese, Gilles Coton, professore e giornalista belga per la prima volta dietro la mdp, si rimette in marcia lungo quel percorso, sovrapponendo immagini contemporanee con il materiale testuale dello stesso Pasolini. E in questo modo si constata ancora una volta (l’ennesima) la visionarietà e l’estrema lucidità del grande poeta friulano, quasi che l’Italietta di allora possa sovrapporsi e combaciare (quasi) perfettamente con quella di oggi. Ancora incapace com’è di riconoscere se stessa, figuriamoci l’altro, lo straniero. Peccato solo che questo dovrebbe essere il senso ultimo del viaggio, come ci ricorda lo stesso Coton. E peccato anche che nel frattempo il Grande Fratello sia stato vinto da Ferdi, un rom. Come ci suggerisce la voce in radio, cronista fedele di un’Italia (non) in movimento.
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