Regia di Rupert Wyatt vedi scheda film
Rupert Wyatt, regista inglese del pregevole Prison Escape (passato al Festival di Torino come The Escapist), è già stato promosso al blockbuster Usa ma tiene i piedi per terra. Il suo si conferma un cinema di genere solido, capace di immagini dal respiro epico senza risultare tronfie. L’ascesa delle scimmie, del resto, non può avere altri toni: il primate protagonista sfugge all’eccidio come Mosé e Gesù, si chiama Caesar, attraversa un calvario di vessazioni e si erge a profeta della sua gente contro l’oppressore portando all’evoluzione della specie. Niente più paradossi temporali bensì esperimenti genetici a raccontare la nostra obsolescenza, ma non è questo l’aggiornamento che colpisce in L’alba del pianeta delle scimmie quanto la straordinaria umanità di Caesar raggiunta con la performance capture Weta - la stessa utilizzata per i Na’vi di Avatar – e l’interpretazione di Andy Serkis, virtuoso di questa tecnica dai tempi di Gollum in Il Signore degli Anelli. Con occhi profondi, verdognoli e tristi, risulta quasi più umano di Will (comunque ben interpretato da Franco). Impossibile non provare un brivido di fronte alla possanza di queste scimmie, che solo passando tra le fronde generano una pioggia di foglie, e non tifare per loro quando si battono contro uomini dotati di armi ben superiori. Infine una scena durante i titoli di coda regala gli ultimi brividi e ci accompagna fuori di sala pregustando già il sequel.
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