Regia di Sean McNamara vedi scheda film
La storia (verissima) di Bethany Hamilton è di quelle che, da sole, valgono più di qualsiasi manuale di automotivazione. Figlia di surfisti, cresciuta a cavallo della tavola, a 13 anni è stata attaccata da uno squalo che le ha mozzato di netto il braccio sinistro. Meno di un mese dopo tornava a cavalcare le onde con un braccio solo e due anni dopo vinceva i campionati Usa di surf under 18. L’industria hollywoodiana non ha reso all’eroica sportiva un servizio migliore di quanto abbia fatto il colpevole squalo: si è avventata sulla succosa vicenda con la medesima ferocia, allestendo uno stucchevole prodotto per famiglie infarcito di retorica e momenti strappalacrime. Difficile aspettarsi qualcosa di diverso, visto che l’operazione è stata affidata a un regista insipido e a un team di sceneggiatori che viene dritto dritto dalla scrittura di Baywatch (!), come se si potesse mettere in scena una storia simile trattandola da variante drammatica del cinema balneare, costellata di allegre sequenze di surf a ritmo di musica. Il cast si impegna ad alzare un po’ il livello, compresa la giovane AnnaSophia Robb, che ha recitato con il braccio coperto da un guanto verde, poi rimosso digitalmente in postproduzione. Le scene di stunt in acqua sono state eseguite personalmente dalla Hamilton, protagonista anche dei video che scorrono sui titoli di coda, facendoci rimpiangere il documentario che avremmo potuto vedere.
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