Regia di Stefano Pasetto vedi scheda film
La hostess Lucia (Sandra Ceccarelli) avviata alla mezza età, e Lea (Francesca Inaudi), operaia trentenne si incontrano al tramonto delle rispettive storie sentimentali con uomini che non sognano (più) le donne. La materia labile del sentimento cuce sui corpi delle due donne un’attrazione più necessaria che sentita, una fuga ai limiti estremi del mondo, orizzonte che coincide con l’estremo essere di entrambe.
Ritratto di due solitudini. Riverberano come onde di un’eco di dolore i due spettri terreni, omologhi nella trasparenza dei corpi. Spiriti di donne perse nell’estremizzazione urbana di Buenos Aires, ritrovate nell’ esplosione di spazio e tempo della Patagonia. Dei suoi esseri alieni e felici.
Metafore e balene emergono pesanti le prime, leggere le seconde, a suggerire di vivere le emozioni e la vita fino alla fine di (quel)mondo. Un tango stanco schiaffeggia in tono di sfida espressioni intonse da emozioni, purtroppo l’intensità del momento dura molto di più di un momento, forse dura troppo. Rimane la leggerezza e la consapevolezza triste di un amore sfiorato appena, delicato come quel sogno che le ha scartate dall’intimo inconscio maschile e che le ha scaraventate in un limbo di sguardi, scivolosi come scogli a cui aggrapparsi.
Raccontano i corpi ciò che le bocche tacciono, si trasformano nella metafora della continua rinascita nell’annodarsi della relazione, miracolo che solo alle donne spetta. La sovranità sulla propria natura tuttavia non ha come nemesi l’uomo, semplicemente questa storia scossa dal rollio di una barca che è poco più di un relitto, momentanea come un’orma di un piede nudo sul bagnasciuga, non ha bisogno d’altro che di se stessa. Una consapevolezza che si vorrebbe seduttiva ma che di fatto allontana qualsiasi empatia. In buona sostanza: e ‘sti cazzi?
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