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Lady Oscar

Regia di Jacques Demy vedi scheda film

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La recensione su Lady Oscar

di LorCio
4 stelle

Assoluto culto che trascende qualunque barriera generazionale, Lady Oscar è stato il primo cartone animato grazie a cui abbiamo capito che la questione del sesso non era poi così fissa nei limiti di maschile e femminile. C’è gente della mia età che si chiede ancora se Oscar sia maschio o femmina, avendo intuito sin da bimbi il profondo problema che sta alla base di tutte le disgrazie di questa povera donna cresciuta come un uomo (“il buon padre voleva un maschietto ma, ahimè, sei nata tu” recitava l’indimenticabile sigla dei Cavalieri del Re), sentimentalmente bloccata da una miriade di fattori (il padre, l’impegno come comandante della Guardia Reale, una sottile perversione di fondo, l’amore inconscio per il migliore amico André, l’infatuazione per l’amante della Regina, l’ambigua amicizia con Maria Antonietta…) e legata al destino della Francia.

 

Per inciso, Lady Oscar ci ha insegnato la Rivoluzione Francese più dei nostri insegnanti di storia a scuola. Il grande regista francese Jacques Demy fu chiamato dai giapponesi per portare sul grande schermo il celebre anime, con il proposito di conferire al manga il giusto tocco transalpino e l’eleganza tipica del suo cinema.

 

Il film è terribile: un fumettone senz’anima, senza ritmo, quasi caricaturale nonostante l’ambientazione reale (la produzione ebbe il privilegio di girare nella reggia di Versailles, risparmiando notevolmente sul budget), lentissimo (molto anomalo per Demy, che realizzò il film per meri scopi alimentari assieme alla moglie Agnes Varda che lo produsse) e privo della giusta atmosfera malgrado la confezione di lusso. Macchinoso per chi conosce (a memoria) la storia, è una clamorosa occasione mancata che può essere apprezzata magari come un’operazione vagamente kitsch, ma che annoia i ragazzi e non interessa agli adulti. Peccato, peccato.

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