Regia di Neil Burger vedi scheda film
“Limitless”, ossia senza limiti. Chiunque creda che il riferimento sia alle capacità mentali del protagonista, che ingerendo una nuova droga/medicina, la NZT 48, diventa potenzialmente invincibile, è decisamente fuori strada. I limiti che mancano sono quelli alla decenza degli autori, che non calcolano che davanti allo schermo ci possano essere individui senzienti. Dietro uno spocchioso thriller psichedelico si nasconde un film arrogante che si strangola col suo stesso autocompiacimento. A dispetto di un’idea di fondo accettabile, per quanto non originalissima, la messa in scena, che ammassa riferimenti grossolani e goffi indizi, sbugiarda presto l’architettura fin da subito, per cui allo stupore per una confezione ben curata, a partire dai lodevoli titoli di testa, si sostituisce presto (dopo un quarto d’ora circa) un senso di contrizione misto a delusione. Dall’incontro tra il protagonista Eddie Morra (Bradley Cooper) e il cognato Vernon Gant, il film dipana la sua banale trama, incespicando in una serie di terribili strafalcioni che rendono scontate tutte le situazioni: Vernon l’ha ucciso Eddie sotto effetto dell’NZT, le pillole prima o poi finiranno ma il protagonista non se ne cura, la scalata di Atwood, nonché la sua malattia, sono legate anch’esse alla pillola trasparente. Numerose inoltre le banalità: come fa i soldi Eddie in tempi di crisi? “Lungimirando” in borsa! Come ingerisce l’ultima dose iniettata nel sangue del suo nemico? Sgozzandolo e bevendone la linfa! Tutte sconcertanti nefandezze che confermano come sotto un vestito sartoriale (molto interessante l’idea di far coincidere due diversi tipi di fotografia alle due fasi, lucidità e appannamento, del protagonista), si celi un corpo martoriato (dall’inettitudine).
Didascalico e irreale (una cinese incacchiata viene turlupinata a tal punto da finire a letto col turlupinatore 2 minuti dopo: e già questo basterebbe per abbandonare la visione), il film è girato tutto in flashback, con numerose scelte ad effetto nella messa in scena (come la pillola che scende nel gargarozzo), accelerazioni, reiterazioni e barocchismi vari. È però evidente come il regista Neil Burger debba un caffè alla Kathrin Bigelow di “Strange days” (per l’idea) e sia altresì debitore di una pizza al Christopher Nolan di “Memento” (monologhi, voce fuori campo, ritmo); ma a differenza dei suoi ispiratori, che qualche traccia nella storia della settima arte l’hanno lasciata, qui la sciattezza dell’operazione fa pensare ad un videoclip musicale lungo 102 minuti! Chi cerca cinema fa bene a guardare altrove.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta