Regia di Louis Nero vedi scheda film
«A me gli occhi» pare dire Rasputin a inizio film, mentre cerca letteralmente di ipnotizzare lo spettatore. Che si rilassa giusto il tempo di un batter di ciglia, perché poi viene invitato a una festa espressionista che l’utilizzo del digitale rende spesso straniante. Alla vigilia della Rivoluzione d’Ottobre il contadino “santo demonio” Grigorij Efimovic Rasputin (Francesco Cabras), consigliere dell’ultimo Zar Nicola II, è vittima di un complotto dei boiardi di corte, ancora oggi ammantato di mistero. Una figura tragica e titanica, estremamente ambigua, mezzo alchimista e mezzo stratega, che tanto ha affascinato il cinema fantastico a partire dal cult della Hammer Rasputin, il monaco folle con Christopher Lee (1966). Louis Nero si tiene lontano dal genere, nonostante il suo oscuro protagonista si erga sulle scalinate come il Nosferatu di Herzog, e ricostruisce a incastro la vicenda biografica partendo appunto dall’ora fatale. Il regista non risparmia virtuosismi velleitari, come gli ipertesti, lo split screen, le insistite sovrimpressioni, e sceglie per Rasputin una connotazione cristologica, quasi mistica. Affascinanti le atmosfere occulte, mentre le impostate voci over fanno un po’ radiodramma. Esterni tra Torino e San Pietroburgo, evocative le scenografie del pittore Vincenzo Fiorito, ipnotiche le musiche di Teho Teardo.
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