Regia di Mario Caiano vedi scheda film
Liquidarlo dicendo che la cosa più bella è il titolo sarebbe sicuramente ingeneroso; ma non del tutto errato, poichè L'occhio nel labirinto è un thriller dai buoni spunti, ma quasi sempre banalizzati da una regia poco fantasiosa (Caiano condivide solo il nome di battesimo con Bava) e da un intreccio che effettivamente lascia parecchio a desiderare in quanto a originalità. L'idea centrale, quella dell'escalation nella follia di una vittima-carnefice, è piacevole; già meno quella di raccontare la nevrosi di un personaggio in maniera tanto didascalica e pesante: bastino gli ultimi dieci minuti (dieci non sono un po' troppi? ma tant'è) in cui l'arcano di fondo della trama viene risolto con una serie di spiegazioni dettagliate, per capire cosa si intende dire qui. Verbalizzare una follia non fa che toglierle fascino e potenza ansiogena; farlo poi con parole grossolane come quelle previste dalla sceneggiatura di Caiano, Horst Hachler e Antonio Saguera, è un vero e proprio peccato. E' sprecare quanto di buono (non poco, come detto, nel suo nucleo centrale) il film potenzialmente poteva fare. Adolfo Celi e Alida Valli sono le certezze, in termini recitativi, del lavoro; il ruolo principale è però affidato a Rosemary Dexter, bellina ma poco efficace; una parte laterale è affidata poi a Gigi Rizzi, uomo il cui mestiere non è mai stato chiarito in tutta la sua esistenza, ma che in quel momento cavalcava l'onda della popolarità per aver vantato un flirt con la Bardot. Seguendo la scia dei primi successi thriller di Dario Argento, anche L'occhio nel labirinto prova a ritagliarsi un suo piccolo spazio: ma è certamente più piccolo di quanto proponevano gli autori. 3,5/10.
Luca, psicanalista, scompare nei pressi del paesino di Maracudi; l'amante dell'uomo, Julie, corre alla sua ricerca, incontrando però soltanto omertà, misteri e finendo quindi proiettata in un incubo.
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