Regia di Emanuele Crialese vedi scheda film
La cronaca giornaliera e tragica, spesso condiziona la messa in onda di programmi inerenti alla cronaca stessa o, quando siamo più fortunati, tirano fuori film belli mai visti o dimenticati. Il film di Crialese ha accompagnato il lutto immane che è vergognoso ma soprattutto inaudito, e forse è servito per far capire quanto l’Italia anzi, il popolo italiano, sa essere comprensivo e ospitale. Si parte dal mare profondo, da una rete tirata e si mostra: la vita dei pescatori siciliani, il loro modo intimo di piangere i propri morti e le loro paure, poche ma intense, tra tutte quella della terraferma. Forse perché sanno che poi, andando li non si torna più indietro, perché quello è un mondo a parte, con altre regole che piano però cominciano ad infettare anche la purezza dell’isola. Cellulari e abitudini invadono il campo e tutto ciò che era prima non sarà mai più. Comunque la vita va avanti, finché il cuore batte e i polmoni si riempiono d’aria, e mentre qualcuno medita di andare, qualcun altro arriva da mare e se non arriva muore. Gli isolani non sanno che fare, l’autorità li invita a far finta di niente, a chiudere gli occhi, ma gli isolani lo sanno che gli occhi li chiude solo la morte e, se vuoi continuare a sentirti vivo, devi reagire e la risposta è sempre il mare, il mare da dove si fugge è lo stesso mare che porta alla salvezza.
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