Regia di Emanuele Crialese vedi scheda film
Crialese e il mare: difficile immaginare che il regista riuscisse ancora - dopo Respiro e Nuovomondo - a dire qualcosa di interessante, di non detto sulla Sicilia, sul suo popolo, sulle sue tradizioni e sull'elemento che maggiormente lo caratterizza, che è appunto l'acqua. Eppure con questo Terraferma non solo Crialese offre un ulteriore punto di vista sul microcosmo siculo, quello più attaccato alle sue radici e abitudini, ma riesce a riflettere su di esso e sull'annosa (e ormai abusata) tematica dell'immigrazione clandestina con intelligenza e rimanendo lontano dalla retorica (tranne forse una lieve banalizzazione della questione 'burocratica' dei respingimenti, ma d'altronde non è in un film, o comunque in un film di questo tipo, che ci si aspetta un dibattito politico sul tema). Con una sceneggiatura scritta insieme a Vittorio Moroni, il regista mette in scena la duplice disperazione di due mondi feriti e destinati a scontrarsi, cioè quello degli isolani (sempre più richiamati dalle possibilità lavorative della terraferma) e quello degli immigrati clandestini: in entrambi i casi si tratta di persone obbligate a snaturarsi, a vincere le ritrosie, i pudori e le paure per annullarsi e reinventarsi su un nuovo suolo: per ambedue sarà questa la terraferma. Fra i pregi principali del film c'è senz'altro il cast, in cui i bravi Mimmo Cuticchio, Donatella Finocchiaro e Beppe Fiorello vengono addirittura surclassati da un sensazionale Filippo Pucillo, giovanissimo (classe 1989) e già nel cast dei due precedenti (e già citati) lavori di Crialese, le cui scelte estetiche vengono peraltro confermate dalla luminosa fotografia di Fabio Cianchetti, alla prima esperienza con il regista. Punto negativo sui dialoghi in siculo stretto, che senza sottotitoli diventano ostici se non proprio incomprensibili a un italiano. Qualche momento è davvero memorabile: Fiorello che sculetta trascinando i turisti a tuffarsi in mare dalla barca (siparietto ironico tutt'altro che fuoriluogo), l'assalto notturno alla barca di Filippo (impressionantemente pauroso), l'eroica sequenza della fuga finale. 7/10.
Su un isolotto siciliano la vita della famiglia Pucillo è in bilico: il nonno Ernesto appartiene alla vasta schiera dei vecchi pescatori ormai destinati alla pensione; uno dei suoi figli è morto proprio pescando e un altro ha aperto uno stabilimento balneare, rinnegando le tradizioni di famiglia. A seguire le orme di Ernesto ci penserà il nipote Filippo. Ma la situazione si complica all’arrivo di un gruppo di clandestini.
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