Regia di Emanuele Crialese vedi scheda film
Splendido incipit visivo quello di Crialese, con le immagini che ama, dal fondo del blu, a lasciarsi avvolgere dalle reti da pesca in ovattato ralenty.
Una premessa che stuzzica ed evoca ma finisce lì.
Terraferma ritaglierà, con l'accetta di una sceneggiatura acerba ed eccessiva, personaggini e storielle stereotipate.
Linosa o Lampedusa che fossero, non hanno mai sentito parlare di immigrati questi isolani ritrosamente orgogliosi? Bisognava per forza farli apparire elementarmente disagiati?
E sono cosi improvvisamente assaliti dai turisti, da cadere dalle nuvole non appena si parli di permessi, leggine, lacci e lacciuoli in vigore da illo tempore, e per ogni tipo di servizio offerto a chi ti sbarca in vacanza?
Crialese l'ha fatta molto sempliciotta al servizio di un melodramma, appunto, da spiaggia, con gli attori nature (in realtà molto poco a loro agio...) ed un dramma di sfondo che alla fine rientra, paradossalmente, solo di striscio nella vicenda.
Dal nonno pescatore ligio solo alla legge del mare (va bene salvare uomini in mare, ma quale legge marittima dice che te le devi portare tutti a casa?) al nipote acerbamente grezzo con percorso obbligato dal disonore alla redenzione; dal figlio cubista sulle barchette turistiche alla nuora che magnaneggia senza convinzione (e senza mezzi...), passando dai turisti con un'anima (che soccorrono), a quelli beceri (che fotografano - “io c'ero!”-) e per finire agli immigrati, causa e concausa determinante nello spezzare tutti gli equilibri di un lembo di mondo al margine dell'evoluzione.
Strapazzati, questi immigrati dalla vita e da Crialese; obbligati, come l'intensa figura dell'etiope clandestina ospitata in garage per un parto d'emergenza (la casa è in affitto a tre sbarbatelli del nord italia e della cui rilevanza filmica non sono il solo a porsi interrogativi) a ulteriori drammi legati a contorte dinamiche familiari interne, oppure a comparsate zombesche - come nel discutibilissimo episodio dell'arrembaggio notturno alla barchetta di Filippo e della sua biondina inarrivabile -.
C'è troppo di tutto, storie che non s'intersecano se non per disarmante costrizione territoriale.
La confusione e la voglia crialesiana di sganciare messaggi come in un bombardamento mediatico, si evidenzia anche nella locandina stessa del film, probabilmente più adatta ad un Ferie d'agosto, con la becera masnada villeggiante in plastico quanto demenziale tuffo in mare.
Insomma, a suo tempo Respiro c'era bastato, ma siamo esseri dalla diabolica perseveranza.
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