Regia di Emanuele Crialese vedi scheda film
Arrivano dal mare. Ogni estate. Sbarcano sulle spiagge dell’isola. Sono i vacanzieri. E portano soldi.
Arrivano dal mare. Ogni mese. Sbarcano sulle spiagge dell’isola. Sono i migranti. E portano guai.
Una duplice fuga, la prima dal lavoro e dallo stress, la seconda dalla guerra e dalla povertà. Quale società malata può dare più importanza alla prima e non alla seconda? Quale società in declino e decadente può dare più importanza ai balli e ai cocktail, agli ombrelloni e al divertimento piuttosto che alla vita di altri esseri umani?
Nel mare esiste una legge che i pescatori si tramandano di generazione in generazione, se qualcuno si trova in acqua e una barca lo avvista lo deve salvare. E’ la natura a dettare le leggi agli uomini. Adesso sono cambiate, qualcuno dice che se ci sono uomini in mare e sono migranti, invece di salvarli bisogna chiamare la capitaneria di porto, qualcuno poi interverrà.
I fatti sono ben noti a tutti, gli sbarchi continuano, i flussi migratori non sono arrestabili.
Il film di Crialese si apre con un’inquadratura subacquea che mette subito i brividi. E se fosse il punto di vista dei cadaveri dei migranti che non ce l’hanno fatta ad arrivare a terra? Poi un peschereccio che solca le onde, un pezzo di un barcone che galleggia solitario, l‘arrivo nell’isola, la trama che si sviluppa.
Frammenti di una società italiana ad un passo dalla scomparsa, i vecchi pescatori, i lavori manuali, la solidarietà umana e sociale (nella vita, nel lavoro) che è stata poco alla volta sostituita dalla nuova etica del consumo e del divertimento forzato. E nel momento in cui l’altro, il diverso entra per casualità nella vita di una famiglia dell’isola è come sei gli antichi valori venissero riscoperti, come se quel velo di finzione fosse strappato improvvisamente e gli occhi potessero di nuovo vedere le cose e le persone nella giusta misura. La nascita, il dolore e la perdita, la speranza, l’empatia umana di uno sguardo, un abbraccio, un sorriso.
Ed è atroce pensare, al di là del film, alla realtà, all’immenso dono che la storia ci ha fatto in questo periodo, non dobbiamo neanche muoverci per incontrare persone diverse, vengono loro direttamente da noi, potremmo riscoprire che cosa significa accogliere, conoscere, condividere, amare. Potremmo avere la possibilità di costruire una società nuova, perché nuove sono le persone che vi entrano.
Crialese non vuole raccontare un dramma sui viaggi dei migranti, vuole mostrarci quello che significa entrare in contatto con loro e se prima è la paura e il sospetto (dell’orrore la scena in cui il ragazzo protagonista bastona le mani che si aggrappano allo scafo della sua barca) poi inizia la scoperta, e la consapevolezza che fa parte di ogni uomo e di ogni donna lo stesso sentire.
Ed’ è in questa presa di coscienza che la diversità diventa ricchezza.
Non più monetaria, ma finalmente umana.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta