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Real Steel. Cuori d'acciaio

Regia di Shawn Levy vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Real Steel. Cuori d'acciaio

di scandoniano
4 stelle

L’ex pugile Charles si arrabatta nei circuiti clandestini  dello sport più in voga nel futuro: la battaglia dei robot. Ma il suo scarso piglio, unitamente all’incapacità imprenditoriale, non solo lo fanno sopravvivere stentatamente, ma soprattutto lo fanno finire in giri loschi. Rimanendo un perdente. La morte della moglie ricorda a Charlie che ha anche un figlio. L’incontro con l’11enne Max gli cambierà la vita, professionale, ma soprattutto personale.

Il fantasma di Sylvester Stallone aleggia su questo “Real Steel”. È indubbio che chiunque abbia visto “Over the top” non può non notarne i numerosi punti di contatto; se si cambia lo sport e si scambia il nonno di “Over the top” con la zia di “Real Steel”, i due film combacerebbero in maniera veramente imbarazzante (almeno fino al finale, fortunatamente originale e non scontato).

Tra i numerosi problemi che caratterizzano questo prodotto (volendo utilizzare una calzante metafora) “di bassa lega”, c’è sicuramente la caratterizzazione dei protagonisti: Charles (Hugh Jackman) è un padre senza coscienza, che arriva a vendere il proprio figlio alla sorella della moglie pur di racimolare i soldi per il suo giocattolone, ma in un paio di mesi si rivolta caratterialmente come un calzino; Max (Dakota Goyo) è un orfano in balìa della vita, ma incredibilmente sicuro di sé, spocchioso, al limite dell’urticante. Due figure assolutamente inverosimili. Non inverosimili quanto la storia, a partire dalla sua collocazione temporale: si parla di un futuro prossimo (2020? 2050?), ma se non si fosse intuito dall’evoluzione tecnologica con cui si comandano i robot, null’altro l’avrebbe suggerito (auto, telefonini, computer, sono identici a quelli del 2010). Altro elemento poco digeribile ed evidentissimo è l’evoluzione scontata della storia: lui è incapace di mantenere rapporti umani, arriva il figlio, che lo cambia, fino a fargli capire come funziona la vita: un plot assolutamente comune ad almeno altri 100 film prima di “Real Steel”. Il concetto che il film vuole affermare non è chiaro (ed il finale utopistico - felici e perdenti – incasinato tra riscatto e nemesi) non aiuta a capire.

Brutto inciampo per Hugh Jackman che prima di questa ignobile ciofeca poteva vantare la stessa considerazione che Luca Carboni aveva a proposito delle scelte di Dustin Hoffman.

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