Regia di Justin Lin vedi scheda film
Chi mi conosce può testimoniare che non sono uno di quei frequentatori di sale cinematografiche con la puzza sotto il naso. Non sono uno di quei "ultimi mohicani" che vanno al cinema solo nelle salette d'essai e aborrono ideologicamente le multisale, anzi trovo queste ultime talmente comode e tecnologicamente ottimali da preferirle. Ho dovuto fare questa premessa per evitare che qualche simpatico amico mi appiccichi subito banalmente l'etichetta di snob. "Fast & furious 5" è non solo una cagata pazzesca ma forse anche il peggior cinema che oggi ci sia dato vedere. Il motivo per cui sono andato a vederlo è molto semplice: il genere "action" mi piace, mi diverte, mi intrattiene piacevolmente. In generale, questo filone (come sono consueto ripetere quando ne parlo) richiede una sola avvertenza: quella di consegnare idealmente alla cassa il cervello quando si entra in sala, per poi riprenderselo all'uscita. Però, vedete, io credo che in ogni settore, e dunque anche in questo, sia presente un discorso etico dal quale non si può e non si deve prescindere. Ci sono dei limiti che attengono al buon senso. Esattamente come in politica. Vabbè sbracare, ma ci sono dei limiti imposti dalla vergogna. E questi limiti non solo questo film li supera, ma esso ostenta nei loro confronti un menefreghismo e una spudoratezza che mi lasciano allibito. Qui si supera con spavalda sventatezza ogni freno inibitorio della decenza e allora giù con qualunque idea o situazione esagerata passi per la capoccia al regista. Dicevo all'inizio di frequentare abbastanza di frequente il cinema action, ma qui si rende necessario un distinguo. Proprio in queste ore, stanno arrivando nelle sale altre due pellicole "action" che si annunciano godibili. Mi sto riferendo al "Machete" di Robert Rodriguez e al "Red" con Bruce Willis. C'è un abisso tra queste due pellicole e la minchiata che ora dovrei recensire. E quell'abisso ha un nome preciso: IRONIA. E' perfino superfluo qui ricordare che Tarantino ha scoperto (o sdoganato?) un personale stile nel raccontare il truce (il trucido?), lo splatter, l'orrore, la violenza. Tarantino, da genio assoluto quale egli è, ha trovato una chiave psicologica originale e intelligente per gustare anche le immagini più estreme. In sostanza il cineasta americano (e con esso amici e sodali come Eli Roth e Robert Rodriguez) riesce a filtrare anche le immagini più hardcore attraverso un processo che implica la consapevolezza cinefila del valore del "demenziale", attivando un meccanismo che ha alla base sempre l'IRONIA, perfino nei momenti più estremi. Basti pensare a quei fake trailers memorabili che in breve tempo sono diventati dei cult assoluti del cinema contemporaneo. E infatti io trovo certe esplosioni di violenza tarantiniane addirittura esaltanti, nel loro trasudare intelligenza e travolgente passione cinefila. Tutto l'opposto della violenza-action che caratterizza "Fast & furious 5", dove il tamarro e il burino non sono allegorie o rappresentazioni, ma sono solo quello che l'occhio vede: puro ciarpame, insulto all'intelligenza, doppio schiaffo a cinema e cultura. Grande Assente: l'IRONIA. E chi confeziona film come questo sa bene che il grado di fruizione di un certo pubblico esclude l'ironia. E allora ne viene rifilato al suddetto pubblico un surrogato: lo sghignazzo. Chi ama questo tipo di cinema alimenta un clamoroso equivoco: scambia lo sghignazzo per ironia. Mi spiego. La ghignata del tamarro che si esalta alle gesta di Vin Diesel in realtà assolutamente nulla ha a che spartire con l'ironia del fruitore consapevole del cinema tarantiniano. Lo spettatore-fan di Vin Diesel, mentre sghignazza compiaciuto, si beve tutto, prende sul serio ogni impresa del suo eroe, e il suo livello di percezione è talmente limitato che il filtro dell'ironia è qualcosa di impensabile, in quanto per lui troppo sofisticato. Non ho problemi ad ammettere che, se entriamo nel merito, è chiaro che nel film sono presenti anche sequenze mozzafiato (e chi lo nega?). Prendiamo l'inseguimento finale: è altamente spettacolare, da cardiopalma. Ma, dato a Cesare quel che è di Cesare, io chiedo: può un film essere solo e soltanto "tecnica"? E l'anima, dov'è finita? Questa pellicola è solo un triste assemblaggio di stereotipi dell'action, magari sotto molti aspetti tecnicamente ineccepibile ma del tutto privo di "anima". Poi c'è un altro aspetto che mi infastidisce ed è la morale predominante che rispolvera l'eterna formula "Donne & Motori". Sì, questa è l'ideologia, la religione, il manifesto, che hanno ispirato sceneggiatura e regia. E c'è nel film una sequenza che sintetizza quanto ho appena argomentato:i due protagonisti ad un certo punto arrivano in un locale che è una specie di bordello dove le attrazioni sono mignotte da urlo e fiammanti modelli di auto di lusso, e allora uno dei due dice "questo è il posto ideale per un uomo". Ecco. Appunto. Ed è curioso notare il contrasto (la doppia morale) tra questa ideologia del machismo esasperato e i siparietti sentimental-buonisti che a questo punto suonano come insopportabilmente fasulli. Tipo un Vin Diesel che quasi si commuove ricordando l'infanzia col padre oppure quando la ragazza co-protagonista confessa al compagno di essere incinta (apriti cielo! all'annuncio della neo-mammina tutti diventano improvvisamente dei teneroni, salvo poi tornare -tempo due secondi- al dualismo "macchine-fica"). Poi, vogliamo parlare di "stile registico"? Ecco, diciamo che questo film riesce a realizzare un abominevole corto circuito tra la rozzezza dei contenuti e un modo subdolamente patinato di proporli allo spettatore; in altri termini la coattaggine peggiore proposta NON in formula "vintage-sporca" (come avrebbe fatto l'immenso Rodriguez), ma bensì in veste da blockbusterone super tronfio e gonfio di retorica quanto i muscoli dei due minus habens che gigioneggiano per tutto il film. Solo un cenno ai titoli di coda, tanto spettacolarmente aggressivi quanto graficamente orrendi e di rara bruttezza. Si potrebbe concludere puntando l'obbiettivo sui due "fenomeni" Vin Diesel e Dwayne Johnson, ponendosi la domanda su chi dei due sia più cane come attore: io so solo che quando li osservo sullo schermo, con quei bicipiti e quei pettorali, li vedo come due freaks, due poveri scherzi di natura. Considerazione critica finale. Dopo l'inseguimento al cardiopalma cui prima accennavo, assistiamo ad un "teatrino" finale chiaramente ispirato alla serie "Ocean's", con l'evidente proposito di una bella chiusa brillante. Peccato però che Justin Lin non possieda nemmeno un grammo del brio che Steven Soderbergh aveva sfoggiato in quei tre ottimi film. Ma...si sarà capito che il film mi ha fatto schifo?
Voto: 3
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