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Lo Hobbit: La desolazione di Smaug

Regia di Peter Jackson vedi scheda film

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La recensione su Lo Hobbit: La desolazione di Smaug

di lorenzodg
8 stelle

Lo Hobbit. La desolazione di Smaug”  (The Hobbit: The Desolation of Smaug, 2013) è il dodicesimo lungometraggio del regista neozelandese Peter Jackson.
   Al secondo capitolo (dopo ‘Lo Hobbit. Un viaggio inaspettato’, 2012) il cerchio è ancora da chiudere nell’attraversaere terre di mezze e portare in fuga ogni risorsa per Pontelagolungo dove si ferma tutto e l’oscurità pare regnare.
   Avvincente, spettacolare, portentoso, rabbuiato e diluito per gusto, il film arriva alla fine senza stancare e con una voglia (ben costruita e congegnata) di vedere subito l’epilogo finale (secondo Tolkien o meglio secondo Jackson in lungo e in largo). Centosettantaminuti che scorrono come una meraviglia senza sentire nessuna stanchezza visiva e tantomeno di distrazione qualsiasi. In una sala piena di ragazzi (finalmente verrebbe da dire) ma non piena all’inverosimile (come dovrebbe per un film del genere) con uno schermo non proprio grandissimo (sarebbe stato meglio) e con un 3D che vale la pena (non si rimpiange nessun euro pagato), il divertimento c’è stato, eccome se c’è stato: in un silenzio quasi surreale (dati gli episodi sgradevoli di disturbo che capitano) tutti erano partecipi alla storia, tant’è che alla fine (nonostante l’ora tarda) i giovani erano quasi ‘scocciati’, peccato…dobbiamo aspettare il terzo.
    L’inzio è subito folgorante con scenografie di grande effetto e colori oscuri veramente efficaci: film sotto certi aspetti talentuoso e fortemente immaginifico. Per molte parti tutto rimane su un alto livello cinematografico con una regia che segue (e viceversa naturalmente) la suontosità degli ‘ambienti’ con un score musicale puntuale, ammiccante e centrato. Una goduria e uno spasso rivedere meccamìnismi e inquadrature stile ‘il secondo capitolo della trilogia dell’anello’ con un’oscurità che prende, ti conquista e lascia andare ogni senso di compiacimento (annullato). Si deve dire che prima de ‘Lo Hobbit. Racconto di un ritorno’ (prevvisto per il 2014) Peter Jackson centra il bersaglio con arguzia di argomenti e dilatazione della scrittura tolkeniana come forse nessuno riuscirebbe a fare. Un film che lascia anche stupefatti per il gioco dei personaggi e l’incastro (anche se elementare nell’essenzialità della storia), tra i vari sguardi, le battute e i comandi delle azioni (quasi il là degli attori sul set pieno e strapieno di cose, effetti e speciali distanze). Un film da carpire con bellezza e da non disperdere come facile blockbuster di ripiego per una serata (di) storta: non esagerate, distensione e grande bisogno di distendersi per una storia che non lascia scampo a stop inaspettati e a perditempi inutili. Il facile guazzabuglio tolkeniano-jacksoniano è standard e poco avezzo a contorsioni mentali e interiori, è solo mentore di se stesso per far divertire con intelligenza e pensare con soavità armonica.
   Gandalf, Bilbo e Scudodiquercia con i 12 nani partono e ripartono in un continuo viaggio per arrivare a Pontelagolungo. Gandalf vuole fermarsi per ‘strade’ diverse e vedersela col ‘Negromante’. E vicino al lago si arriva alle pendici della ‘montagna solitaria’: tutto si incontra ragni, elfi, uominioorso, stregoni, ospiti, ragni giganti, castelli e palazzi, paesi e sentieri mentre un barcone riesce a nascondere una pesca di nabi ad una ‘dogana’ comprabile e corruttibile. Il sentiero della viittoria per soddisfare l’antica profezia è ancora lungo e impervio. Il drago Smaug dorme dentro la montagna e il suo silenzio nell’oltre-oscurità è ancora per poco; Bilbo viene mandato dentro il suo rifugio in cui luccica tutto (forse troppo) dove collane, monete, ori e metallo di ogni tipo toccano i piedi  di B.B. che di ogni bugia fa gioco al drago (nel frattempo si risveglia) prima parlando poi col fuoco scappando senza sosta. Deve avere l’Arkangemma e sconfiggere il drago superastuto. La battaglia fuoco, frecce, esplosioni, oro e fuga è caleidoscopicante accessa e convula. La meta è da arrivare fino a quando sapremo. Per il momento schermo buio e alla prossima.
    Un film che non lascia poco, anzi si ha la sensazione di un gustoso piatto natalizio corrobarato da una messa in scena corposa, una fotografia accattivante e uno score musicale (di Howard Shore) pimpante, triturante e sfavillante: tutto per la riuscita di un prodotto ‘standard-amente-ostinatamente-piacente’ (almeno per chi si è fatto prendere dalle immagini rutilanti come le botti ‘in fuga’).
    Le prove del cast sono convincenti per una sublime ‘opera’ (‘mainstream) di puro divertimento. Tolkien non è servito (pienamente) ma Jackson se ne serve bene (per farne il pieno). Ricordiamo Ian McKellen (Gandalf), Martin Freeman (Bilbo Baggins), Richard Armitage (Scudodiquercia), Orlando Bloom (Legolas), Evangeline Lilly (Tauriel), Luke Evans (Bard l’Arciere) e una schiera interminabile di altri ancora. La regia di Peter Jackson è di grande impatto narrativo e sapientemente avvolgente.
     Voto: 8½.

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