Espandi menu
cerca
Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato

Regia di Peter Jackson vedi scheda film

Recensioni

L'autore

M Valdemar

M Valdemar

Iscritto dal 6 febbraio 2010 Vai al suo profilo
  • Seguaci 247
  • Post 28
  • Recensioni 578
  • Playlist 36
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato

di M Valdemar
4 stelle

Gli ingredienti per garantire un buono spettacolo ci sarebbero eppure Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato delude alquanto, e non perché sia semplicemente brutto o malfatto ma perché la visione, palesemente allungata in una brodaglia poco saporita, risulta stancante ed a tratti noiosa.
Se ciò che rendeva attraente ed estremamente riuscita l’intera trilogia de Il Signore degli Anelli era la brillantissima capacità di sostenere in armonioso equilibrio i differenti registri - azione, dramma, humour - nel caso dell’opera in oggetto questa virtù difetta, e non è ben chiaro quali siano le cause (mancanza di ispirazione, una latente svogliatezza, l’impossibilità di riprodurre la magia). Quello che è certo è che Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato non ci riesce, perso, com’è, in frammenti disuniti e raccordati per mezzo di prolissità che forse trovano la loro origine nei mastodontici apparati produttivi (le cui note traversie sono documentate).
A ben vedere, neppure la tanto decantata “perfezione” visiva, riveniente dalle ultimissime novità nel campo degli effetti speciali, è così perfetta, anzi, nelle rapide panoramiche a largo raggio la prima cosa che salta agli occhi (già provati dall’ingombro degli occhialetti e dal ricchissimo “menù” estetico) è al contrario un’impensabile confusione di immagini in movimento sfocato e sfuggente.
Per il resto, la tecnica stereoscopica, superfluo ennesimo accessorio, poco influisce (s’è visto di meglio, decisamente); e sì che lo stesso Peter Jackson, regista dotato di talento e abilità della messa in scena, saprebbe tranquillamente farne a meno. La già richiamata trilogia lo dimostra ampiamente: la spettacolarità di un’opera è il frutto diretto delle mani (e delle menti) che lo colgono, i mezzi per poterlo fare sono meri, seppure importanti, strumenti.
Potendo contare su un immaginario collettivo già formato in precedenza, e che ha familiarità acquisita con elfi, hobbit, nani, orchi, stregoni, terre di mezzo, battaglie epiche e quant’altro, il film si limita a imbastire un impianto narrativo-espositivo convenzionale e prevedibile, il cui risultato complessivo, come detto, produce diverse fasi di stanca, che nemmeno la “naturale” simpatia della “compagnia” ed in particolare quella scaturita dai siparietti dei nani (ma tutti assieme non valgono un solo Ghimli) riesce ad evitare.
La lunghezza del film è senza alcun dubbio eccessiva, per quello che è il materiale a disposizione, e non è sufficiente una seconda parte più dinamica ad attenuare la pesantezza della visione. Jackson infiocchetta, o almeno ci prova, tutta la dote di ricicli, ripetizioni, déjà-vu che le immagini proiettate rumorosamente e con grande sfarzo sullo schermo inevitabilmente evocano, ma l’operazione, già di per sé poco nobile e necessaria, non può dirsi riuscita, e questo è sintomatico di un insuccesso che, al di là di quello che sarà l’incasso globale (ma non è questo il punto), era in fondo preventivabile.
Scenografie, ambientazioni, fotografia, montaggio, colonna sonora, sono tutti elementi di pregio, ma nulla che vada oltre un livello consolidato, che si potrebbe persino definire standard.
Alla fine solo un paio di scene salvano il colossale film da un’apatia altrimenti irreversibile (o incontrollabile). La prima è l’entrata in scena, illuminante (in tutti i sensi) di una Cate Blanchett, quanto mai splendente (tra l’altro unica donna nel cast), peccato che la sua parte duri pochi minuti. La seconda è l’attesissimo incontro tra il mitico Gollum (sempre reso in maniera egregia da Andy Serkis) e il giovane Bilbo Baggins (Martin Freeman, davvero una scelta ineccepibile), che costituisce quasi un (breve) capitolo a sé stante all’interno del film.
C'è anche spazio, piccolissimo, per l’introduzione di quello che dovrebbe essere il cattivo del prossimo (o forse del terzo) episodio, e cioè il negromante (nei titoli di coda il ruolo è accreditato al fantastico Benedict Cumberbacht: si riforma la magnifica coppia dell’imprescindibile serie tv Sherlock?).
Infine, come da copione, il film non ha una conclusione, in attesa della prossima puntata. Speriamo sia migliore di questa.





 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati