Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Nel 1957 Jacques Cormery (Jacques Gamblin da adulto e Nino Jouglet da bambino) torna, da scrittore affermato nell'Algeria dov'era nato, ora scossa dai fermenti indipendentisti del FLN, che cinque anni dopo porteranno, con il pesante fardello di tanto sangue versato, all'indipendenza, e ritrova la madre (Catherine Sola e Maya Sansa), ora anziana, un vecchio compagno di scuola, Hamoud (Abdelkarim Benabboucha), col quale aveva ai tempi un rapporto di amicizia mista ad odio e il suo maestro (Denis Podalydès): tutti questi elementi fanno riaffiorare in lui i ricordi del suo passato e della severa nonna (Ulla Baugué), che aveva sostituito il padre morto nella I Guerra Mondiale come educatore di Jacques.
Ne 'Il primo uomo' Gianni Amelio rilegge il romanzo omonimo di Albert Camus immettendo a sua volta componenti autobiografiche - come appreso dal bel commento al film dell'autore con il critico Alberto Crespi, in cui afferma di aver avuto anch'egli una nonna molto severa - compiendo così un'operazione diametralmente opposta a quella di Visconti con 'Lo straniero', testo preso alla lettera dal cineasta milanese e quindi generatrice della sua opera poco personale.
Il lavoro di Amelio è un raffinato e rigoroso racconto strutturato ad incastri con andirivieni tra passato e presente senza soluzioni di continuità, dove a volte basta uno stacco di montaggio per passare dal 1957 al 1924 senza colpo ferire a livello di struttura narrativa, con un ritmo disteso, dei dialoghi incisivi che accompagnano le immagini non sovrastandole e un grande lavoro con il cast d'attori, da quelli più navigati - Jacques Gamblin, Catherine Sola e Denis Podalydès e in una particina Jean-François Stevenin - passando per l'unica presenza italiana, la brava, anche se in un ruolo 'appartato' Maya Sansa per arrivare, dulcis in fundo, alla rivelazione Nino Jouglet, straordinario nella difficile parte di Gamblin bambino, anche se il cineasta calabrese ('Il ladro di bambini') non è certo nuovo a scoperte del genere.
Tra i tanti momenti di grande cinema, vale la pena sottolineare un paio di citazioni - nella scena che precede un attentato, Gamblin e una ragazza, somigliante a Jean Seberg, si scambiano gli sguardi come in 'Bonjour tristèsse' di Otto Preminger; in quella della nascita di Jacques invece l'omaggio è per 'Novecento di Bernardo Bertolucci, nel quale Amelio era aiuto regista e girò poi il documentario 'Bertolucci secondo il cinema' - e uno stupendo piano-sequenza di circa due minuti dove la mdp segue l'incedere di Jacques bambino tra gli alberi.
'Il primo uomo' vive delle sue due anime, ma gli eventi che accadono nel passato, relativi al vissuto intimo, alla formazione del carattere del protagonista, toccano e colpiscono maggiormente di quelli 'storici' ambientati agli albori della rivolta, raccontati in maniera episodica - il figlio di Hamoud condannato e poi giustiziato - e un po' frettolosa.
Ma, più che l'aspetto politico-rivoluzionario, raccontato ad esempio da Pontecorvo nel capolavoro 'La battaglia di Algeri' ad Amelio interessava più il lato umanista della storia, e sulla base di questo si può dire che 'Il primo uomo', pur non essendo un capolavoro, sia un film riuscito ed importante.
Voto: 7/8.
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