Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Quando ho iniziato a vedere Il primo uomo, tratto dal romanzo incompiuto (ed autobiografico) di Albert Camus, mi domandavo perché Amelio avesse sentito la necessità di girarlo. Qual è la ragione che spinge un regista italiano a tornare sui temi della guerra d'Algeria, a circa cinquant'anni dalla sua conclusione (diverso era il discorso ai tempi della Battaglia d'Algeri: il tema, ancora di bruciante attualità, era pressoché tabù per i cineasti francesi)?
Poi il film si fa interessante, secondo canoni più francesi che italiani, racconta in una vita l'evoluzione di trent'anni di dominazione della Francia e una vocazione letteraria, nata nella povertà, con l'amore di una madre, l'autorità di una nonna, l'assenza di un padre, l'aiuto di un intelligente insegnante. In più, il film di Amelio contiene momenti toccanti, come il colloquio di un padre algerino con il figlio votato al martirio per la causa dell'indipendenza dal dominio coloniale straniero.
Ma, alla fine, data per buona la libertà di ciascun autore di trovare l'ispirazione dove meglio ritiene e per parlare di cosa e a chi vuole, riemerge insopprimibile la domanda cui non riesco a dare risposta: perché oggi un regista italiano dovrebbe fare un film su un tema del genere?
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