Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Visionarieta' "precotte",paesaggi "terreni" infiniti.
Rombi di motore SUV,eterni Peter Pan dal trucco "metallaro".
Il "transfer" americano di Paolo Sorrentino si riduce cosi'.
Elementi consoni ad un cinema ambizioso,ridotti a "novella" pretenziosa.
L'idea di base sfrutta i pretesti per una sorta di ricongiunzione edipica,quasi "post mortem".
Il confronto con aguzzini "passati" scorre nelle vie americane,sulle note di brani "pop" e immagini "virtuose".
Tutto diviene capolinea d'un essenza vitale piatta e sterile.
Un film valente nel fluttuare dell'immagine ma inconcludente sul piano narrativo.
Si assiste allo scorrere d'un fiume noioso e denso di patetismi.
Il personaggio centrale,è uno Sean Penn inedito,apatico quanto inebetito da se stesso.
Seppur a tratti vi è un appendice gradevole nei rapporti interpersonali,la regia incaglia pero' sull'enfasi da virtu' "figurativa" ad ogni costo.
Movimenti di macchina e immagini da quadro "d'essai" sottraggono nerbo alla storia.
Sorrentino diviene vittima e fautore delle sue vanita' registiche.
Centoventi minuti di narcolessia donati dal buon Sorrentino a mo' di dialoghi chiusi e a volte ostici.
Sean Penn da attore dal talento nevrotico,viene plasmato dalla storia in un pittoresco clown post moderno.
Angoli di trucco citante il Robert Smith dei CURE,per rimembrare il favoloso mondo musicale degli anni 80.
Ed è cosi che "This must be the place" da titolo musicale di voga,incorre in metamorfosi cinematografica imbastita di stile artefatto.
Un artefazione coatta che sbarra lo sviluppo narrativo,un indugiare sulla strutturazione e visionarieta' togliendo respiro all'emotivita' dei singoli.
Errori palesi,evincenti in costruzioni edulcorate del racconto,basate sul virtuosismo stucchevole,e sull'assenza di spontaneita' del coro attoriale.
Sorrentino ci regala cosi' un flop dimenticabile,compiendo un "martirio" sul grande Sean Penn,relegato a maschera da emozione "artificiale"......
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