Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Sean Penn è una rockstar glamm di vecchia data. Vivacchia a Dublino e ispira tenerezze alla moglie e ad una amica (?) con cui condivide birre e un certo gusto musicale.
Si tratta però di partire per un viaggio: quello verso e dentro un passato rappresentato dal padre morente. Stati Uniti e sguardi fuori mano per trovare che cosa era successo; niente di così grave, e gravissimo allo stesso tempo.
La vita a volte inciampa in piccoli dettagli. E la vendetta può nutrirsi di gesti simbolici.
Sorrentino invece inciampa nel debito. Quello di riconoscenza verso la grande star che si innamora del suo cinema.
Affastella il suo cinema sulle spalle (robuste, invero) di Penn; perde di vista però la fluidità del racconto. E soprattutto si perde in dettagli inutili e un po' slabbrati. Lontano dunque dalla geometrica precisione e la minuziosa cattiveria del suo cinema precedente.
Ma Sorrentino c'è ancora: negli ampi spazi e nei grandi angoli di ripresa, coi personaggi ai margini di un mondo più grande; in una certa determinata forza morale della storia. In una commozione che fatalmente però qua si diluisce, paradossalmente, in una troppo ostentata risoluzione.
Il prefinale del film resta però un capolavoro, degno di quell'uomo appeso sul filo del telefono di qualche puntata fa.
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